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Ogni educatore lascia un’impronta non solo con ciò che dice, ma con la qualità della sua presenza, con l’intenzione che guida ogni gesto, ogni parola. Si parla di una competenza di vita; pensate a
come si riconosce subito una maestra carica di entusiasmo o un maestro che trasmette tutta la sua passione. Non è importante solo il saper fare, ma diventa essenziale il saper essere.
Un insegnante di yoga, meditazione e/o mindfulness che si avvicina alla lezione con l’intento di ispirare, di aprire spazi di riflessione e di crescita, trasforma la sua classe in un luogo di scoperta.
Oltre all’esperienza pratica vissuta, ciò che resta negli studenti è l’atmosfera di fiducia, di curiosità e di possibilità che si è creata. La relazione diventa fondamentale; perciò chi insegna, oltre alle tante competenze tecniche, ha la necessità di conoscere bene l’intelligenza emotiva.
Ogni pratica diventa così un momento di presenza, un’occasione per guardarsi, un tempo per la meraviglia che siamo. In qualunque contesto, un’educazione autentica non si limita a trasferire
contenuti, ma accoglie, guida e sostiene. L’ispirazione diventa allora il filo invisibile che lega chi insegna e chi apprende, trasformando ogni lezione in un’esperienza che va oltre le parole e lascia un
segno più profondo.
Perché educare è, prima di tutto, un atto di presenza.
La pratica diventa allora un’opportunità per lasciare emergere stati d’animo, per riconoscere emozioni, per imparare ad accoglierle senza giudizio.
Educare alla pratica dello yoga e della meditazione è una grande responsabilità; auguro a tutti di coltivarla grazie all’amore e allo studio sincero di tutte le competenze utili.
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