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«Quando sono nati lo Yoga e lo Ayurveda
«Quando sono stati scritti i Veda
«Che differenza c’è tra il buddhismo e l’induismo?»

Queste domande, insieme, ovviamente, alla consueta «Che tipo di Yoga fai?», sono quelle che più comunemente vengono fatte agli insegnanti di Yoga e ci sembra giusto mettere gli allievi di un corso di formazione come quello da noi diretto, nella condizione di poter rispondere senza esagerare con i giri di parole e con le perifrasi ad effetto.

Cominciamo con il dire che possiamo rispondere, a seconda dell’approccio che abbiamo e che vorremmo dare ai nostri allievi, in due diverse maniere, contrastanti tra di loro, ma, secondo noi, di eguale validità:

  • la prima tendenza è quella “religiosa”, basata, esattamente come il cristianesimo, sulla fede come mezzo di conoscenza e sul pensiero magico come filo conduttore; in questo caso la “fonte” principale è la parola del Maestro, del Guru riconosciuto come incarnazione della divinità, e, se il Guru afferma che lo Yoga è nato 50.000 anni fa, che i Veda sono stati scritti direttamente da Dio [per cui quindi, non hanno tempo] ecc., chi abbraccia la via della devozione pura non può far altro che prendere per buono il dire del Maestro, e ripeterlo ai suoi allievi.
  • La seconda tendenza è quella che potremmo definire “scientifica” ed è quella basta sulle prove documentali e archeologiche, sulla verifica logica e sul “dubbio assiduo”; in questo secondo caso ciò che fa fede sono le risultanze delle ricerche scientifiche e le teorie basate sul ritrovamento di antiche iscrizioni, manufatti e reperti di vario genere.

Per ciò che riguarda l’approccio “religioso” ogni scuola e, addirittura ogni maestro proporrà teorie e concetti diversi, fermo restando alcune nozioni fondamentali:

  1. L’invasione della Valle dell’Indo da parte degli “ariani”, ovvero l’arrivo di popoli portatori della cultura vedica, provenienti all’Asia Minore o dal Nord Europa, che avrebbero costretto le popolazioni originarie, dette “dravidiane” a migrare nel Sud e nell’estremo Nord dell’India;
  2. La data della morte di Kṛṣṇa, avvenuta il 18 febbraio 3102 a.C., che ha dato inizio all’Età del Ferro, il Kali Yuga, nella quale staremmo attualmente vivendo. Da notare che la “ipotetica data della morte di Kṛṣṇa è riportata da un’unica fonte documentale, il “Sūrya Siddhānta, un manuale di astrologia del IV-V secolo d.C.

Il Kali Yuga dovrebbe durare 432 000 anni, ovvero fino al 428.899 d.C., quando Kalki, decimo e ultimo avatāra di Visnù, apparirà a cavallo di un destriero bianco e con una spada fiammeggiante e sterminerà “gli infedeli”. A dir la verità con la “New Age” i tempi si sono un po’ accorciati, e il Kali Yuga dovrebbe durare circa 2.100, per cui dovrebbe essere già finito, ma, comunque sia, è doveroso ricordare che si tratta di eventi non documentati né documentabili, accettati esclusivamente in virtù di un “atto di Fede”.

Per ciò che riguarda il secondo approccio, che abbiamo definito “scientifico”, le risultanze cambiano ovviamente in base alle nuove ricerche e scoperte, ma in genere, attualmente, per ciò che riguarda la composizione dei Veda, si parla del periodo della “cultura della ceramica grigia dipinta”, una cultura sviluppatasi nella pianura del Gange nell’età del ferro, tra il 1200 e il 600 a.C.1

La citazione della “cultura della ceramica grigia dipinta” porta con sé una serie di problematiche, la prima delle quali riguarda l’effettiva consistenza della “Teoria dell’Invasione indo-aria della valle dell’Indo”: di fatto non esiste nessuna prova della discontinuità tra la “cultura della ceramica grigia” e le precedenti culture indigene, per cui la cultura vedica sarebbe nata e si sarebbe sviluppata in seno a comunità, appunto indigene [vedi a tal proposito: Jim ShafferReurbanization: The eastern Punjab and beyond”]2; in conclusione, i Veda sarebbero stati composti in epoca relativamente recente, da popolazioni indigene.

Un’altra questione, strettamente legata alla precedente, è quella della “leggenda del sanscrito lingua madre3 e dell’originalità dei miti e delle credenze religiose indiane. Quello di cui si sta parlando – 1200-600 a.C. – è un periodo in cui in esistevano fiorentissime e raffinatissime culture assai più avanzate, a livello artistico, culturale e tecnologico della “cultura della ceramica grigia”, come quella egizia (3900 – 342 a.C.), quella greca (1100 – 30 a.C.), quella paleo assiro e assiro-babilonese (2025 – 612 a.C.) e – sempre facendo riferimento alla visione “scientifica” – è assai difficile che queste ultime siano state influenzate dalla civiltà della Valle dell’Indo o del Regno di Kuru (di cui parleremo tra breve).

Per ciò che riguarda la lingua sanscrita occorre tener presente che la più antica attestazione scritta del “medio indoario” [un gruppo di lingue che precede il “sanscrito classico”] è rappresentata dalle iscrizioni su ceramica di Anurādhapura, in Sri Lanka, risalenti al 400 a.C.4: per dare un’idea la prima attestazione scritta dell’etrusco risale al 700 a.C. e la prima attestazione dell’umbro al 600 a.C.

Ciò ovviamente non significa che non potesse esistere, in India, una tradizione orale di gran lunga più antica, magari i 15.000 o 50.000 anni fa di cui parlano Yogananda, Sadhguru e altri maestri, ma lo stesso evidentemente si potrebbe affermare di tutte le altre lingue antiche, per cui, se non vogliamo utilizzare lo strumento della fede, dobbiamo accettare come ipotesi più probabile quella della scrittura dei Veda nella forma che conosciamo oggi, in epoca relativamente recente, con conseguente spostamento in avanti nel tempo, della nascita dello Yoga e dello Ayurveda, e dello sviluppo di ciò che oggi chiamiamo “induismo”

Il Regno di Kuru e la Nascita dell’Ascetismo

La prima realtà territoriale indiana documentata che possiamo definire “stato” è il regno di Kuru5, nato in seguito all’alleanza di due clan, i “Bhārata” e i “Pūru” che sotto la guida di un capo chiamato “Sudās Paijavana” sconfissero una federazione di tribù nella cosiddetta “battaglia dei dieci Re” che verrà poi raccontata nel poema epico “Mahābhārata”.

Il regno di Kuru ebbe una vita relativamente breve – la sua massima espansione fu dal 1200 circa al 900 a.C. – ma condizionò notevolmente la cultura, la religione e l’organizzazione sociale dell’epoca successiva, creando tra l’altro il sistema delle caste o vara, caratterizzato da quattro diverse classi sociali rigidamente divise tra loro:

  1. Brāhmaa, sacerdoti, detentori del potere religioso.
  2. Katriya, guerrieri, detentori del potere politico e amministrativo.
  3. Vaiśya, artigiani, commercianti e proprietari terrieri.
  4. Śūdra, contadini, operai e servi.

Tra l’800 e il 600 a.C., forse anche causa dei rapporti con la cultura greca, si sviluppò il movimento “śramaa” [dalla radice verbale śram , che significa “esercitare sforzo, lavoro o compiere austerità”], composto da gruppi di asceti erranti che si dedicavano a pratiche psicofisiche di vario tipo alla ricerca della “verità assoluta”.

Da questo movimento eterogeneo ebbero origine le concezioni oggi condivise da tutte le religioni indiane ovvero il “Karma”, la catena delle rinascite (“Sasāra”) e la liberazione (“Moka”), attorno alle quali si svilupparono una miriade di scuole e gruppi con abitudini e credenze spesso in contrasto tra loro, come la non violenza e la necessità del combattimento, l’immortalità dell’anima e la sua inesistenza, il vegetarianismo o il consumo, a volte imposto, di carne di vari animali; emersero infine due grandi religioni/filosofie: il Jainismo e il Buddhismo, accomunate da una serie di concetti e pratiche psicofisiche che, mescolati con le pratiche dei guerrieri e dei lottatori, prendono oggi il nome Yoga.

Jainismo e buddhismo fiorirono intorno a due personaggi di grande spessore, Mahāvīra (599–527 a.C.) e Gautama Buddha (563–483 a.C.).

Il Buddhismo, grazie alla conversione del re Maurya “Aśoka il Grande” e alla successiva creazione del regno indo-greco (180 a.C.) si diffuse sempre più sia nel subcontinente indiano sia nel lontano oriente.

Nel tempo, con l’affermarsi del Brahmanesimo, la tradizione śramaa si divise in due filoni:

  • Alcuni, che si riconoscevano ad esempio nella tradizione tantrica, mantennero le caratteristiche iniziali, ovvero una estrema libertà, un marcato individualismo ed un rifiuto generalizzato delle istituzioni e del sapere, tra virgolette, “ortodosso”, con la negazione dell’autorità dei Veda e del sistema delle caste;
  • Altri entrarono a far parte della gerarchia spirituale Hindu, andando a creare la figura del sanyāsa, il rinunciatario, che venne integrato nel sistema delle quattro fasi di vita teorizzato dai brahmani, l’Āśrama Dharma, ovvero la divisione della vita umana in quattro fasi ben distinte:
  1. La fase dello Studente, brahmacarya.
  2. La fase del capo famiglia, ghastha.
  3. La fase del “camminatore” [ovvero del graduale ritiro dal mondo], vānaprastha.
  4. La fase dell’asceta, sanyāsa.

L’Induismo

Per ciò che riguarda il Brahmanesimo o induismo che dir si voglia, dovremmo usare piuttosto il termine “Sanātana Dharma” [traducibile con “legge eterna”], o il termine “Vaidika Dharma” [“legge dei Veda”]. Si tratta in realtà di una serie di rituali, concetti filosofici e argomentazioni teologiche derivanti da ciò che più che un corpus unico, sembra una combinazione non sempre coerente di Buddhismo, Jainismo e culti locali, illustrata da una serie di testi provenienti da vari contesti culturali.

In genere si parla di  śruti, “ciò che si ascolta” e di smti, “ciò che si ricorda”.

La śruti è formata da:t

  • Quattro Veda (gveda, o libro degli inni; Yajurveda o libro dell’adorazione, Sāmaveda, o libro delle melodie e Atharvaveda, o libro della vita quotidiana) definiti “apaurueya” ovvero non scritti da mano umana e quindi non soggetti a possibili discussioni.;
  • 108 Upaniad, tratte in genere dalla tradizione śramaa;

La smti invece è composta da:

  • Sei Vedāga, ovvero i manuali delle discipline necessarie alla comprensione dei Veda, ovvero Śikā, fonetica, fonologia e morfofonologia (Sadhi), Kalpa, rituale, Vyākaraa, grammatica, Nirukta, etimologia, Chandas, prosodia, Jyotia, misurazione del tempo, previsione del movimento del Sole, della Luna e dei pianeti, astronomia e astrologi.
  • Quattro Upaveda, ovvero le “appendici ai quattro Veda, ovvero: il sistema della medicina, Āyurvēda, subordinato al gveda; la scienza del tiro con l’arco, Dhanurvēda, allo Yajurveda; la scienza della musica e della danza , Gāndharvavēda al Sāmaveda; la scienza delle armi, dell’architettura, Sthāpathyaveda, e dell’artigianato, Śilpaśāstra; all’Atharvaveda.
  • Sei Darśana (“visione”) ovvero sei diverse scuole filosofiche riconosciute come “ortodosse”: MīmāVedāntaNyāyaVaiśeikaYoga e khya.
  • 18 Purāa (“storie antiche”) ovvero leggende e mitologia”.
  • Due Itihāsa (letteralmente “così, dunque, fu”) ovvero i due poemi epici indiani, il Rāmāyana, attribuito a Vālmīki, e il Mahābhārata e attribuito a Vyāsa.

BIBLIOGRAFIA

1 Vedi:

  • Edwin Bryant, The Quest for the Origins of Vedic Culture, Oxford University Press, 2001, ISBN 0-19-513777-9
  • D.K. Chakrabarti, The Aryan hypothesis in Indian archaeology, Indian Studies Past and Present, n. 4, 1968.
  • Jim Shaffer, J.R. Lukak. The People of South Asia, New York, Plenum, 1984.
  • Kenneth A.R. Kennedy, “Have Aryans been identified in the prehistoric skeletal record from South Asia?”, in George Erdosy (a cura di), The Indo-Aryans of Ancient South Asia, 1995

2 In Urban Form and Meaning in South Asia: The Shaping of Cities from Prehistoric to Precolonial Times, a cura di H. Spodek e D.M. Srinivasan, 1993.

3 Vedi:

4 Vedi:

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