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Tempo di lettura:4 minuti, 45 secondi

Viviamo in un tempo in cui non ci fermiamo mai.
O meglio, crediamo di fermarci.
Ci sediamo sul divano dopo una giornata piena, ma accendiamo la televisione.
Abbiamo un momento di pausa e scorriamo lo schermo del telefono.
Anche nel silenzio cerchiamo rumore, anche nel riposo cerchiamo distrazione.

Abbiamo smesso di lasciare spazio al vuoto.
Eppure, è solo nel vuoto che possiamo davvero incontrare noi stessi.

È da questa consapevolezza che nasce il mio libro, “Savasana. Fare spazio al silenzio”: un invito a ritrovare quel momento di ascolto profondo che troppo spesso evitiamo.

Il silenzio come maestro

Savasana, la cosiddetta posizione del rilassamento finale, è la più sottovalutata di tutta la pratica yoga.
Molti la vivono come un semplice momento di chiusura, un tempo per “riposare” dopo lo sforzo fisico.
Ma in realtà, è la posa più difficile.

Perché non si tratta di rilassare il corpo — ma di lasciarlo andare.
Non si tratta di svuotare la mente — ma di smettere di riempirla.
Savasana è l’incontro con il silenzio, e il silenzio è spesso la cosa che ci spaventa di più.

In quella quiete apparente emergono i pensieri che abbiamo rimandato, le emozioni che abbiamo messo a tacere, i dolori che abbiamo nascosto sotto la fretta.
È un momento di resa totale, ma anche di rinascita.
È lì che il corpo inizia a parlare e la mente impara, finalmente, ad ascoltare.

In ogni lezione di yoga, Savasana arriva alla fine.
Molti la considerano solo un momento di riposo dopo la fatica fisica, ma i Maestri dello yoga la descrivono come la posizione più importante dell’intera pratica.

Nel Hatha Yoga Pradipika, Savasana è definita come “la posizione che elimina la stanchezza e calma la mente, portando pace profonda al praticante.”

Il corpo è completamente disteso, i piedi cadono naturalmente verso l’esterno, le braccia rilassate lungo i fianchi, i palmi rivolti verso l’alto.
Gli occhi si chiudono, il respiro si fa sottile.
Sembra tutto fermo — ma in realtà, dentro, si muove moltissimo.

Il respiro torna libero, il sistema nervoso si riequilibra, le tensioni si sciolgono.
È il momento in cui la pratica si “integra”: tutto ciò che abbiamo mosso, compreso e liberato trova finalmente spazio per depositarsi.

Ascoltare davvero

Nella nostra quotidianità, confondiamo il fare con l’ascoltare.
Crediamo di conoscerci perché riflettiamo, analizziamo, leggiamo, cerchiamo risposte.
Ma il vero ascolto nasce solo nel silenzio.
Quando smettiamo di “riempire” ogni momento, e ci concediamo lo spazio per sentire ciò che c’è.

Il corpo è il primo a sapere, sempre.
Un dolore, una tensione, un nodo alla gola non sono solo segnali fisici, ma richiami dell’anima.
Savasana ci insegna a stare lì, ad ascoltare quei segnali senza fuggire, fino a quando diventano chiari, comprensibili, leggeri.

 Il messaggio del libro

Savasana – Il silenzio che guarisce” è nato da anni di pratica, di insegnamento e di esperienze condivise sul tappetino.
Non è un manuale tecnico, ma un racconto di trasformazione.
Un viaggio nel silenzio che non è vuoto, ma spazio fertile;
nella resa che non è debolezza, ma apertura;
nel corpo che non è ostacolo, ma via di ascolto e guarigione.

Pagina dopo pagina, il libro accompagna il lettore a riscoprire la profondità di un gesto semplice: stendersi, chiudere gli occhi e lasciarsi essere.
Perché solo quando ci concediamo quel tempo sospeso, tutto inizia a trovare il suo posto: le emozioni si distendono, i pensieri si placano, la vita riprende a fluire.

Fermarsi per rinascere

Viviamo nell’epoca del “fare”, dove anche il benessere rischia di diventare un’attività da spuntare.
Ma non possiamo evolvere se non impariamo a fermarci davvero.
Savasana ci ricorda che non c’è crescita senza ascolto, e che non c’è ascolto senza silenzio.

È un atto di coraggio restare immobili, senza distrazioni, senza difese.
Ma è proprio lì che comincia la guarigione: quando ci concediamo di non fare nulla, e nel nulla, finalmente, torniamo a noi stessi.

Fermarsi non è rinunciare alla vita, è creare lo spazio perché la vita possa finalmente respirare dentro di noi.

Savasana è quel respiro.
È il luogo in cui il corpo si arrende, la mente tace e l’anima ricomincia a parlare.
È, come scrivo nel libro: “una piccola morte è una rinascita, ogni volta che scegli di restare.”

La voce interiore come guida

Quando finalmente ci fermiamo, scopriamo qualcosa che abbiamo dimenticato: la nostra voce interiore.
È una voce sottile, a volte quasi impercettibile, che si perde nel rumore dei pensieri e delle abitudini quotidiane.
Ogni volta che ci riempiamo di attività, che cerchiamo conferme, che corriamo verso l’esterno, ci allontaniamo da lei.
Eppure, è l’unica guida autentica che abbiamo.

In Savasana, quella voce comincia a riemergere.
All’inizio può sembrare scomoda: ci parla di ciò che abbiamo trascurato, delle parti di noi che chiedono attenzione, dei desideri messi a tacere per paura o per dovere.
Ma se restiamo in ascolto, se non fuggiamo, quella voce diventa chiarezza.
Diventa intuizione.

L’intuito non è magia: è l’intelligenza del cuore, la saggezza che si manifesta quando smettiamo di analizzare e iniziamo a sentire.
È la bussola che ci riporta verso scelte più vere, relazioni più sincere, direzioni più nostre.

Nel libro scrivo che Savasana è il luogo in cui il corpo tace e l’anima prende parola.
È in quel silenzio che la voce interiore torna udibile — non urla, non pretende, semplicemente sa.

Ritrovare quella voce significa tornare a fidarsi di sé, riconoscere che nessun maestro, metodo o via esterna può sostituire la verità che già abita dentro di noi.
Savasana diventa allora un atto di fiducia: chiudere gli occhi non per fuggire dal mondo, ma per tornare a sentirlo da dentro.

Valentina Ferrero

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