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Generalmente, quando sentiamo il bisogno di dedicarci a uno Yoga, pensiamo a una attività da compiere in momenti particolari della giornata, nettamente distinti dai ritmi della quotidianità, accettando così il rischio di legittimare dentro di noi una doppia vita: ordinaria per una fascia della giornata, diversa e più consapevole in quelle frazioni residue di tempo che siamo riusciti a riservare alla nostra interiorità.

Eppure, uno degli atti quotidiani per eccellenza, la nutrizione, vissuto spesso in modo inconsapevole e in contesti rumorosi, può diventare un vero e proprio Yoga, un prezioso momento per ristabilire la salute fisica e psichica, per vivere sensazioni di benessere e di comunione interiore, un’occasione propizia per espandere la nostra consapevolezza, anche sul piano etico: parliamo di una disciplina che può essere praticata da soli o in collettività. Parliamo dello Hrani Yoga (noto come “Yoga della nutrizione”) presentato da O.M. Aïvanhov nel corso delle sue numerose conferenze, raccolte nei volumi appositamente dedicati a tale argomento (cfr. Lo Yoga della nutrizione, Prosveta edizioni).

Questa pratica yogica, a nostro avviso, è molto feconda e vantaggiosa perché abbraccia, come constateremo, tutte le potenzialità del nostro essere, perché risulta praticabile più volte al giorno (in quanto mangiamo più volte al giorno) e perché non richiede una preparazione specialistica ai fini della sua fruibilità.

Lo Hrani Yoga è uno Yoga vero e proprio in quanto per praticare questa via di unione con la natura divina, occorre concentrarsi sul cibo, porre attenzione ai gesti che si compiono durante il pasto, mantenere il silenzio, calmare i propri pensieri, respirare correttamente, meditare, nutrire sentimenti di gratitudine e amore.

Per esprimere in modo più approfondito queste peculiarità possiamo provare a riassumere in termini, evidentemente, generali alcune caratteristiche di questo Yoga.

Innanzitutto, lo Hrani Yoga ci invita ad assumere il cibo nelle migliori condizioni possibili, con la consapevolezza che stiamo per ricevere una energia sacra che ci dona la forza, la salute e, quindi, la possibilità concreta di vivere sulla terra.

Una volta a tavola, ci concentriamo e ci raccogliamo in silenzio per entrare in contatto profondo con il cibo: pensiamo, ad esempio, a un frutto che è costituito, come una “lettera d’amore del Creatore”, da particelle di materia provenienti dallo spazio, piene di vita cosmica (op.cit.). Per leggere questa “lettera” ed estrarre dal frutto le ricchezze sottili che esso possiede, dobbiamo aggiungervi il nostro amore, il nostro calore affinché il frutto vibri all’unisono con noi, si apra a noi e risulti per noi maggiormente assimilabile, considerato che il cibo entra in noi, nel nostro organismo per farne intima parte. Instaurare con il cibo una relazione di amore è fondamentale se vogliamo che il pasto diventi una vera e propria comunione, anche perché il cibo si impregna sempre delle nostre energie armoniose o disarmoniose.

Il silenzio, gioioso e caloroso, con il quale ci prepariamo al pasto può essere anche arricchito, a seconda delle nostre diverse sensibilità e dei contesti nei quali concretamente ci troviamo, da brevi preghiere, formule, etc.

Dopo questa breve preparazione interiore, ci accingiamo, con sentimenti di gratitudine ad assumere il pasto con la consapevolezza che, fin dal primo boccone, entra in azione tutto il nostro essere fisico, psichico e spirituale: con la corretta masticazione agevoliamo la nutrizione del corpo fisico, con la corretta respirazione, ritmata e profonda, rinforziamo il corpo eterico (corpo vitale), provando sentimenti di amore verso il cibo, la Natura… nutriamo il corpo astrale (sede delle emozioni), con la concentrazione e meditazione sulla sacralità del cibo (cosa contiene, quali sono le qualità che gli corrispondono…) nutriamo il corpo mentale (sede del pensiero); con i gesti misurati e armoniosi nel prendere il cibo, sviluppiamo la nostra volontà. Ma non è tutto.

La giusta attitudine durante il pasto, ci permette di estrarre dal cibo anche gli elementi nutritivi più sottili per il nostro organismo. Come avvertiva, già molti secoli fa, la Chāndogya Upanişad, “il cibo una volta mangiato si divide in tre parti: oltre alla parte più grossolana che viene espulsa, abbiamo la parte più sottile che diventa corpo, e infine la parte ancora più sottile che diventa mente”. Infatti, lo Hrani Yoga spiega come estrarre sia le particelle eteriche dal cibo (grazie alla masticazione e alla respirazione) sia le particelle più sottili che nutrono tutti i corpi superiori: se dopo aver respirato, mangiato il cibo con amore e meditato su di esso, ci lasciamo pervadere da un sentimento di riconoscenza verso l’Universo e il Creatore, realizziamo una vera comunione interiore ed alimentiamo così anche i nostri corpi superiori, cioè i corpi causale, buddhico e atmico, sedi, rispettivamente, della ragione, dell’anima e dello spirito (op. cit). Infine, quando abbiamo terminato il pasto, restiamo tranquilli un breve momento, affinché “il prana consenta una migliore ripartizione delle energie nell’organismo” (op. cit).

Per comprendere se il processo della nutrizione è avvenuto in noi in modo soddisfacente è sufficiente verificare quali stati interiori abbiamo provato dopo il pasto: se abbiamo masticato a lungo e abbiamo respirato molto profondamente, sentiremo il nostro sistema nervoso come pacificato. Se la nutrizione è avvenuta in modo corretto ci alzeremo da tavola con sensazioni di benessere, ci sentiremo non appesantiti, ma dinamici e luminosi sul piano affettivo e intellettuale. Se abbiamo nutrito anche i nostri corpi superiori si manifesteranno in noi “sentimenti e pensieri di un ordine estremamente elevato: l’amore per il mondo intero, la sensazione di essere felici, in pace, e di vivere in armonia con la Natura” (op.cit.). Per tali ragioni, O.M. Aïvanhov esortava a sperimentare lo Hrani Yoga: “Provate a mangiare anche una sola settimana con amore e vedrete in che stato meraviglioso vi sentirete“(op.cit.).

La differenza tra la nutrizione diciamo così “ordinaria” e quella più “consapevole” promossa dallo Hrani Yoga, è, dunque, sperimentabile: chi mangia in modo automatico, senza riconoscenza e amore, tende ad assorbire le particelle più grossolane del cibo e sarà certamente in grado di compiere talune attività quotidiane, “ma quando vorrà pregare, meditare e contemplare, si addormenterà, perché sarà privo di quelle energie sottilissime che si ottengono mangiando correttamente” (op.cit.).

Lo Hrani Yoga ha anche ulteriori risvolti pedagogici ed etici profondi in quanto comporta la rinuncia, supportata da plurime motivazioni, a una alimentazione carnea, nonché la consapevolezza verso la giusta misura di cibo da assumere rispetto al personale fabbisogno, in una prospettiva olistica. Infatti, se ci nutriamo con amore e consapevolezza, applicando una corretta masticazione, percepiamo, in modo naturale, al momento di nutrirci, il limite da rispettare. Gli eccessi alimentari, oltre ad essere dannosi per la salute e per il funzionamento del corpo eterico, riducono le risorse a disposizione di tutta la collettività, condizionando gli usi del pianeta: “mangiando più di quanto sia necessario, si prende ciò che era destinato ad altri” (op.cit.).

Lo Hrani Yoga nella misura in cui aiuta a curare le tendenze all’ingordigia, riesce ad agire, nel contempo, sul quel nostro istinto che ci spinge a voler accaparrare tutte le cose per noi. Istinto quest’ultimo dal quale originano conflitti e comportamenti antisociali. Per questo, “mangiare meno e meglio, con maggior coscienza e amore”, è una regola d’oro dello Hrani Yoga.

La nutrizione, pertanto, da atto automatico finalizzato a “prendere“ risorse per la sopravvivenza fisica, sulla base dell’istinto animale, diventa atto consapevole, responsabile e rispettoso  per alimentare il proprio organismo anche nelle sue componenti spirituali, un atto di comunione tramite il quale sentire con gioia e gratitudine di essere parte del Tutto ed espandere la propria coscienza verso l’Universo, verso tutta la comunità vivente, mondi naturali e animali compresi. La nutrizione diventa, così, anche una eccellente occasione per maturare sensibilità e attitudini cooperative, gentili ed empatiche. Imparare a nutrirsi, infatti,  è anche imparare ad amare (op.cit.).

Lo Hrani Yoga merita, a nostro avviso, di essere maggiormente conosciuto per la pacificazione interiore che produce e l’espansione della consapevolezza che esso favorisce, madre dei comportamenti virtuosi nella vita individuale e collettiva. Lo Hrani Yoga, privo di profili devozionali e di riferimenti a dottrine religiose, dovrebbe far parte, a pieno titolo, di una nuova cultura civica in prospettiva olistica.

Bruno E.G. Fuoco

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