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Tempo di lettura:6 minuti, 30 secondi

Anni fa affermavo convintamente “lo yoga non fa per me!” e a distanza di qualche anno mi ritrovo oggi ad essere un insegnante di yoga e a frequentare un Master in Yoga Studies all’Università Ca’ Foscari di Venezia.

E’ con molta umilità che voglio raccontare un pezzettino della mia esperienza, affinchè possa essere uno spunto per chi legge ad interrogarsi sul percorso yogico, su quali sfide vive maggiormente, su cosa sta imparando, e su dove si trova nel viaggio.

Sono una praticante yoga, un’allieva che ama approfondire. Il mio innato amore per l’approfondimento in tutte le cose per le quali mi appassiono mi ha spinto ad intraprendere la strada sulla quale oggi sto camminando.

Come dicevo all’inizio, dopo aver per anni convintamente affermato che lo yoga proprio non faceva per me, mi decido a sperimentarlo per la prima volta nel 2017. Ricordo bene la mia prima lezione da neofita.

Tu ricordi come è stata la tua prima volta in una classe yoga? Cosa hai provato? Come ti sei sentito? Sentivi di aver trovato il tuo posto? O ti sei sentito fuori luogo e fuori contesto? Hai provato serenità e soddisfazione, oppure frustrazione, o ancora vergogna, o spaesamento?

Prova a chiudere gli occhi e tornare con la mente e con il cuore a quel ricordo, a visualizzare te stesso su quel tappetino, per la prima volta. Per qualcuno si tratta di molto tempo fa, per altri è esperienza più recente. Poco importa, se è stata un’esperienza che ti ha segnato, te la ricorderai senz’altro.

Ora prova a ricordare cosa ti ha spinto a procedere nel percorso. Come è andata alle lezioni successive, cosa hai iniziato a scoprire?

Io ricordo un percorso molto in salita durante le prime lezioni, stare nel qui ed ora, focalizzare mente e respiro erano cose per me difficili da fare, la mia mente frenetica e sempre proiettata al dopo, alla prossima cosa da fare, proprio non ne voleva sapere di stare nel momento presente. E il mio corpo irrequieto, la mia indole vata, scalpitavano.

Anche tu ti riconosci in questa fatica?

Man mano che proseguivo con la pratica, più chiari erano i benefici che ne traevo. Eppure per molto tempo ho proseguito in modo altalenante, alternando periodi di pratica a lunghi periodi di distacco dalla pratica.

Ma lungo il percorso sono cresciuta, mi sono trasformata, e si sono aperti spazi di consapevolezza che hanno portato luce in angoli dell’anima fino a quel momento inesplorati.

Dove ti sta portando il tuo percorso yogico? Dove senti di essere, qual è la direzione?

La pratica sul tappetino è un pezzetto del puzzle, ma ce ne sono molti altri. Man mano che procediamo esplorando, troviamo e aggiungiamo nuovi tasselli.

Ad esempio il mio personale percorso yogico mi ha aperto alla possibilità di intraprendere e completare un corso intensivo di formazione per insegnanti (500YTT Yoga Alliance), e successivamente ad iscrivermi ad un Master Universitario in Yoga Studies.

Ciascuno ha il suo percorso, per te che stai leggendo come è stato fino ad oggi il percorso? Se guardi indietro e provi a collegare i puntini, che immagine ne viene fuori? Riesci ad intravedere dove ti sta portando questo viaggio?

Per quanto mi riguarda, il viaggio mi porta nel qui ed ora. Il percorso di crescita e cambiamento prosegue ogni giorno, sul tappetino e fuori dal tappetino. Nella mia pratica e nello studio individuale, e nella mia pratica di insegnamento.

Salgo ogni giorno sul tappetino ed ogni giorno è una scoperta.

Ci sono giornate nelle quali mi sembra di avere equilibrio, e giornate dove l’equilibrio vacilla. Ci sono giornate nelle quali mi sento grata e in armonia con quanto ho attorno, e giornate dove fatico ad accettare quello che è. Ci sono giornate luminose e giornate uggiose dentro.

Cosa vivi tu? Cosa scopri dalla pratica e nella pratica?

Fermarsi a chiederselo credo sia un dono prezioso da fare a se stessi.

La strada che io personalmente sto percorrendo mi ha fatto capire che “lo yoga fa bene” è un’affermazione riduttiva. Se pratichi gli asana e ti fermi in superficie può darsi. E ben venga sia così, a me è servito proprio quel sentirmi bene “in superficie” – all’inizio sentivo di stare bene solo a livello fisico – per acquisire costanza, per continuare a praticare.

Alcuni si avvicinano allo yoga da altri lati: magari leggendo materiale filosofico, esplorando la parte storica e di cultura visuale dello yoga. Altri, come me, si approcciano allo yoga a partire dalla pratica fisica, dagli asana. Per me all’inizio salire sul tappetino era solo pratica fisica. Ora per me la pratica degli asana è solo uno degli aspetti che compongono un’esperienza caleidoscopica molto più complessa e variegata.

Per me lo yoga è un viaggio. E per te, cos’è lo yoga?

Io ho deciso di non compromettere e di compiere il viaggio prendendo ciò che arriva, smettendo ogni aspettativa e ogni programma. Praticando e approfondendo, ho preso consapevolezza della necessità di dovermi abbandonare al flusso. Essere disposta a discendere nei gironi dell’inferno come Dante nel suo viaggio con il Sommo Poeta. Essere disposta a guardarmi allo specchio veramente, per come sono. Scrutare a lungo e con attenzione anche tutte quelle parti di me che non mi piacciono. Prendermi i pugni in faccia, oltre alle carezze. Io, la donna ipercontrollata, con la necessità costante di programmare, pianificare, fare progetti per il breve, medio e lungo termine, quella che non si ferma mai e che non riesce mai a riposare le mente e il corpo, ecco proprio io così come sono, per quella che sono, mi ritrovo ogni mattina sul mio tappetino, chiudo gli occhi, inizio ad approfondire il respiro, e mi lascio andare a quello che arriva. Non posso fare programmi sul tappetino, quello che succede quando mi ci muovo sopra non posso controllarlo. Mi abbandono a quello che arriva, alle sensazioni, alle emozioni, alle reazioni del corpo quel giorno, nel momento in cui mi sto muovendo.

Tu, quanto senti di riuscire a lasciarti andare, di stare nel qui ed ora, di essere nel flusso? Quanta fatica ti richiede il “non controllo”, il lasciare andare?

Spesso si sente dire o si legge che la pratica yoga è metafora di vita. Cosa vuol dire questo? Io credo voglia dire che dalla pratica possiamo apprendere lezioni per vivere il resto delle nostre giornate e delle nostre relazioni con gli altri, e con il mondo attorno a noi. In questo senso “lo yoga ci rende persone migliori”. La mia interpretazione e spiegazione di questa frase – che potrebbe dare adito ad interpretazioni superficiali – è che nel sentirsi pienamente umani e vicini a tutto il genere umano, a tutti gli esseri che come noi sono in ricerca durante il viaggio che svolgiamo in questa vita su questo pianeta, ciascuno con le proprie imperfezioni, ciascuno nella costante ricerca di senso, di armonia e bilanciamento, nell’individuale bisogno di trovare pace ed equilibrio, nella nostra sete di assoluto, siamo tutti accomunati e simili, seppur ciascuno con la propria unicità, a tutti gli altri nostri compagni di questo viaggio terreno con i quali condividiamo la scintilla del divino.

Per quanto mi riguarda, rivedermi e ritrovarmi in ogni allievo e in ogni essere che incontro ogni giorno, anche quando questo accade in modo inconsapevole e senza che la ragione me lo razionalizzi istante dopo istante, mi aiuta ad aprire il cuore e l’anima ad un amore universale più profondo e autentico, ad entrare in collegamento con l’altro da me a livello di energia più sottile. Scintille del divino che vibrano all’unisono, perchè per quello siamo stati creati dall’energia universale verso cui tendiamo e alla quale ritorneremo.

Mi affido alle onde, mi lascio andare.

Ti invito a provare: respira, chiudi gli occhi, affidati, lasciati andare.

Namastè,
Antonella Capizzi

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