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Tempo di lettura:4 minuti, 40 secondi

Un argomento vasto e interessante, quello del rapporto fra suono e yoga, che lascia spazio a riflessioni ampie e sicuramente non univoche.
Proprio in questi giorni, in fase di riapertura di Studio, mentre preparavo le varie playlist per le mie lezioni, mi domandavo l’effettiva funzione che diamo al suono durante le nostre pratiche.
Sia che parliamo di Mantra, che di musica di sottofondo, che di vibrazioni che accompagnano la meditazione, non ci sono dubbi che il suono rivesta un ruolo di importanza fondamentale nel supportare e sostenere la nostra pratica.
Prendiamo la musica di sottofondo, ad esempio.
La sua funzione è differente, a seconda dello stile che stiamo praticando, delle preferenze personali, della musica stessa che utilizziamo.

Ad esempio, le mie classi di Hatha Yoga vengono sempre accompagnate da un discreto tappeto musicale di musica a 432 HZ, una frequenza specifica che aiuta la concentrazione, il rilascio delle energie negative, la depurazione della mente e dello spirito.
A volte invece utilizzo brani a 528 HZ, che hanno la funzione di accompagnare i processi di recupero e autoguarigione.
Ma la musica di sottofondo non ha solo funzione di aiutare il praticante a sostenere la propria pratica, ma ricopre anche un ruolo più “terreno”, per così dire…. Non tutti infatti abbiamo la fortuna di praticare in sale insonorizzate e completamente silenziose, e un sottofondo continuo e gentile, isolando i rumori e i disturbi dell’ambiente, ci aiuta a mantenerci concentrati nel momento, aiutandoci a gestire in modo quasi inconsapevole le oscillazioni della mente, facilitando anche la respirazione e la presenza nella pratica.

Inoltre, negli stili più dinamici, come il Vinyasa Yoga, la musica accompagna i nostri movimenti, una lista di brani di diversa intensità chiaramente ci stimola e ci sostiene durante le varie fasi della nostra lezione, ma è compito (impegnativo!) dell’insegnante fare in modo che non sia troppo presente da distrarre, né troppo lieve da venire ignorata… una lista azzeccata nello yoga dinamico spesso condiziona la buona riuscita della lezione, anche se semplicemente a livello di contorno.
Alcuni di noi, comunque, preferiscono il silenzio, soprattutto quando l’ambiente si presta alla concentrazione, oppure quando pratichiamo uno stile come Ashtanga Yoga, nel quale viene comunemente utilizzata la tecnica respiratoria Ujjayi, il respiro dell’Oceano, la cui pratica all’unisono con altri yogi è un incredibile accompagnamento per la sequenza ritmata.

Discorso diverso va riservato ad altri tipi di suono, come i Mantra e le Campane Tibetane, perché qui più che  di suono parliamo di vibrazione, infatti in entrambi i casi è proprio la vibrazione che incide a livello sottile sullo spirito e sulla mente di chi vi è esposto.
II Mantra, detto in modo semplice, è una combinazione di suoni sacri (più lunghi, più brevi, cantati a voce, ma anche ripetuti mentalmente) che vengono cantati da noi praticanti comunemente all’inizio ed alla fine delle nostre pratiche, per favorire la concentrazione ed il ritiro dei sensi all’interno, per aprire e chiudere lo spazio sacro di pratica, come un sipario che si alza e poi cala nuovamente.
Il Mantra, “Strumento del Pensiero” è un suono potente, con un grandissimo impatto mentale, non bisognerebbe mai abusarne, perché ha un effetto importante sia su chi lo canta che su chi lo ascolta… nella mia vita di studente ho avuto al fortuna di praticare la Prima Serie dell’Ashtanga Yoga in una grande sala con un centinaio di persone, e le vibrazioni dell’invocazione tradizionale che apre la pratica, e del Mantra sacro OM a chiusura sono rimaste dentro di me per giorni.

Mai sottovalutare questi potenti strumenti, mai cantare alla leggera, ma cerchiamo di mettere coscienza e  consapevolezza in tutto ciò che facciamo, ogni volta che saliamo sul tappetino – questa consapevolezza, ossia sapere che cosa stiamo facendo, è una grandissima parte dell’efficacia delle nostre pratiche.
Ancora, sul suono, menzione a parte merita il meraviglioso contributo alla pratica che danno quei fantastici strumenti che sono le Campane Tibetane – Tibetan Bells o Singing Bowls, “le Ciotole che cantano”.
La lega di 9 o 11 metalli, il loro peso considerevole, la lavorazione a mano, con tutte le imperfezioni del caso, ecco cosa rende speciali questi oggetti, il cui suono ipnotico accompagna spesso nelle nostre classi la fase di rilassamento in Savasana oppure la fase meditativa.
C’è una enorme differenza tra l’ascoltare il suono registrato di una campana oppure partecipare ad una classe dove vengano suonate dal vivo – e la differenza è la lunga vibrazione che esse emettono durante il loro utilizzo, che le rende “vive”, come oggetti investiti da un soffio di sacralità, la cui semplice presenza in sala ha poteri calmanti e di grande stimolo energetico.

In ogni caso, come ogni volta che parliamo di yoga, “one size does not fit all”, vale a dire quanto detto non vale per tutti. Può dipendere dal tipo di pratica, dalla giornata, dallo stato mentale in cui ci troviamo, dalla nostra preferenza personale – non c’è in realtà alcun obbligo di utilizzare musiche o altri suoni durante la pratica.
A volte, a me capita in realtà la maggior parte del tempo, il suono del nostro stesso respiro è una ispirazione sufficiente a praticare con concentrazione e gioia – senza ricorrere ad alcun supporto esterno.
Unica regola generale dello yoga, è che per praticare non serve altro che il nostro corpo ed il nostro respiro, fatevi guidare da loro, e imparerete a vivere la vostra pratica sul tappetino e nel resto delle vostre giornate.

Namaste.

Linda Renzi

Vieni a praticare con me nel mio Studio a Roma.
Savasana Studio
Via Carmelo Maestrini 146 – Roma zona Eur
www.savasanastudio.com
FB – IG @savasanastudio

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