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Le āsana e la disciplina del prāṇāyāma hanno di consueto un effetto salutare sul corpo fisico. La meditazione invece ha il ben conosciuto effetto di stimolare la concentrazione e le forze della psiche. La parola sanscrita dhāraṇā contrassegna la concentrazione e la parola dhyāna [1] la meditazione; la differenza tra le due è molto sottile. Nello stato della concentrazione esiste ancora una dualità percepibile, mentre nel dhyāna avviene una prima esperienza di unità. Senza sperimentare la dualità e praticare la concentrazione ad un buon livello, non si può arrivare a questo livello della meditazione, ad una non-dualità.

Quale effetto può avere un buono sviluppo delle forze di concentrazione sulla salute dell’uomo?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo introdurre i concetti della concentrazione con il suo contrario, uno stato senza concentrazione. Durante il sonno o anche in una condizione di sogno non esiste una vera concentrazione, perché la consapevolezza rimane in uno stato dormiente. Nessuno potrebbe dire di una persona addormentata che essa sia ben concentrata. Manca la consapevolezza desta e raccolta. Una vera concentrazione [2] porta la consapevolezza su un oggetto scelto indipendentemente dal corpo fisico. L’oggetto della concentrazione può essere un simbolo, come un triangolo, può essere un’opera d’arte, una figura o una frase tratta dalla bhagavadgītā o da altre scritture. La capacità di concentrazione è caratterizzata da una buona attenzione verso l’oggetto senza disturbi, distrazioni ed emozioni personali. Tutte le emozioni ed i pensieri che assalgono il praticante durante il processo dell’attenzione all’oggetto, non appartengono alla concentrazione. L’osservatore e l’oggetto dell’osservazione sono in un rapporto cristallino e lineare. Il praticante percepisce una  dualità tra sé e l’oggetto. Per essere efficace l’osservatore deve rimanere per abbastanza tempo in questo stato di osservazione mentale.

Per l’esercizio di concentrazione e meditazione il praticante deve scegliere il suo oggetto e metterlo davanti agli occhi. Se sceglie una frase della bhagavadgītā è vantaggioso imparare questa frase a memoria. Le parole originali vivono quasi davanti agli occhi, come un’immagine visibile. Per la concentrazione dhāraṇā il praticante distingue queste parole dal suo corpo fisico. Rimane desto e considera le parole come un significato spirituale. Deve evitare tutte le emozioni, che assalgono la mente ed evitare di trasporre alla frase spirituale proiezioni con contenuto personale. Quando la frase della bhagavadgītā vive nello spazio quasi davanti agli occhi del praticante, senza interferenze, lo stato della concentrazione è raggiunto. Dopo un certo tempo di concentrazione il praticante sperimenta l’osservazione in un modo libero e non afferra con la volontà subito un risultato.

Con la disciplina della concentrazione la consapevolezza comincia a vivere in una condizione libera dal corpo fisico. La capacità della consapevolezza indipendente e ben raccolta, rilassa e calma subito i nervi e equilibra il metabolismo. Anche la colonna vertebrale si innalza quasi senza forza muscolare e forzatura. Tutto il tessuto del corpo fisico crea uno stato ideale, non troppo rigido e non troppo morbido. La concentrazione non comporta mai uno stato teso o troppo rigido, piuttosto indica che la forza della consapevolezza si trova in una buona relazione con il fisico e anche con la mente.

Una persona che mantiene per un periodo di tempo una posizione dello yoga come purvottanasana, il piano inclinato, usa molto i muscoli del corpo fisico e rinsalda il torace con la respirazione. Con un esercizio per la concentrazione e con la meditazione [3], che segue la concentrazione, invece rinvigorisce la forza della consapevolezza. Il praticante durante questo esercizio mentale non si deve immergere, nel mare delle emozioni legate al corpo. Lavora sempre contro la corrente soggettiva fino a raggiungere uno stato indipendente da se stesso. Alla fine arrivano nuove forze dal cosmo e il praticante sente una piccola scintilla di una nuova nascita. La salute riceve nuove buone energie, ma il processo rimane leggero e sensibile.

Nei casi di malattia di cancro sarebbe importantissimo impiegare un metodo di meditazione con una buona scelta dell’oggetto sul quale si medita e una precisa concentrazione senza emozioni. Oggigiorno e soprattutto con questa malattia le forze del corpo fisico sono spesso esaurite. La meditazione con questo metodo può creare nuove prospettive e la sfida di tenere la consapevolezza libera dal corpo fisico e stimolare il sistema immunitario.

Un pericolo nella meditazione si crea se il praticante vuole entrare subito in una unità con l’oggetto scelto. La concentrazione è importantissima per aumentare le forze sia del corpo fisico sia di quelle mentali. Nella fase della concentrazione dhāraṇā, che precede la meditazione, il praticante evita il grande errore di creare illusioni soggettive. Prima di entrare in una unità con i mondi superiori  l’attività crea un avvicinamento agli oggetti del mondo fisico e dei mondi superiori.

[1] I termini asana, pranayama, dharana e dhyana si trovano nella concezione classica dello Raja Yoga di Patanjali.

[2] Il processo di concentrazione su un oggetto scelto fu illustrato in modo semplice in questa intervista: “In cima ad ogni vetta con lo yoga di Heinz Grill: La pedagogia – 07.02.2020” https://www.youtube.com/watch?v=LMZQ8d7fSvg&t=8s

[3] Per approfondire il processo dalla concentrazione alla meditazione, vedi: “Meditazione una sintesi tra mondo e spirito” https://meditazione-lundo.com

Heinz Grill

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