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Lo Yoga è preghiera, è pratica fisica, è servizio agli altri, è meditazione. E quindi è allo stesso tempo celebrazione dell’energia universale, dell’individuo nella sua manifestazione materiale, è amore e celebrazione dell’altro, è connessione e celebrazione del continuum tra energia universale e individuo.

Bhakti, Hatha, Karma, Raja (facendo riferimento al suo interno a Dharana e Dhyana): per dimostrare che lo Yoga è celebrazione, abbiamo volutamente citato le branche più importanti dello Yoga, le sue componenti caratterizzanti.

Bakthi Yoga, lo Yoga devozionale, quello che ci porta a una partecipazione emotiva intensa e totalizzante nei confronti di una divinità o anche di un maestro spirituale. Quello che si basa sullo studio dei testi sacri, quei testi che portano messaggi così profondi e illuminanti da aprire il cuore e l’anima al divino.

Hatha Yoga, lo Yoga delle Asana, quello che celebra il corpo come manifestazione materiale dell’anima. Come magnifico veicolo che ci consente di vivere questa dimensione, di portare avanti la nostra missione, di evolvere. In occidente, la parola Hatha è spesso confusa con un preciso stile di Yoga quando in realtà lo Yoga delle Asana è tutto Hatha. Indipendentemente dal ritmo e dalle posizioni assunte.

Karma yoga, il servizio all’altro, come celebrazione dell’energia universale che si manifesta intorno a noi, materializzandosi in altri individui, che incontrano il nostro cammino e a cui noi possiamo fornire il nostro lavoro, i nostri servigi, dedicare il nostro tempo come offerta e come purificazione. Senza pretendere nulla in cambio. Come forma di amore pura e semplice. Amore che ci ripulisce da pensieri e azioni negative che possiamo aver erroneamente compiuto. Celebrare l’altro ci purifica.

Dharana (concentrazione) e Dhyana (meditazione): celebrazione del continuum tra energia universale e anima individuale. Ritrovamento e celebrazione del nostro santuario interiore.

Chi di noi non ha sperimentato quella gioia interiore pura e amorevole che sorge al termine di una pratica, di una meditazione o di un pranayama? O quella felicità interiore che arriva dal sentirsi devoti, amati e protetti dall’energia universale? O quel sentire il cuore che si riempie di gioia per aver soccorso, aiutato, sostenuto qualcuno? O, ancora, quella pace luminosa che troviamo nel nostro santuario interiore tutte le volte che meditiamo profondamente?

La disciplina e l’astensione (Pratyahara) diventano preludio per una gioia più profonda. Una gioia che non deriva più dall’appagamento dei sensi, dal piacere terreno o dalle chimere della vita moderna. Una gioia che sorge internamente come frutto di un contatto continuo e costante con la divinità. Anche attraverso la pratica delle asana. O il riconoscersi nell’altro.

La vita diventa una celebrazione continua grazie allo yoga: celebrazione dei maestri che ci hanno instradato su questo cammino di luce, celebrazione del nostro corpo, questa macchina perfetta che ci consente di vivere in questa dimensione, celebrazione degli allievi che praticano insieme a noi, celebrazione di questa incredibile dimensione che viviamo, del contatto con l’energia universale. Una celebrazione continua. Perché, se il cammino che stiamo intraprendendo è quello giusto per noi, vorremo semplicemente e solamente cantare inni alla vita e allo yoga.

E allora perchè non scoprire anche il Naad Yoga o Nada Yoga? La parola Naad significa riverberare. Si riferisce, quindi, non a un semplice suono ma a un suono vibrante, una corrente sonora e, soprattutto, se pensiamo alla radice della parola riverberare, un suono che riflette qualcos’altro.

Viviamo tutti in un mare di suoni. Nel silenzio totale c’è sempre il nostro battito cardiaco. Tutti i testi sacri rammentano l’importanza del suono. “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”. Se poi pensiamo alla fisica quantistica, al non discernere più atomo in nucleo ed elettroni, ma semplicemente identificarlo in energia, frequenza… la frequenza è musica, la frequenza crea. Per questo celebrare la vita, la creazione e tutti gli esseri con cui veniamo in contatto è il modo migliore per rimanere in una frequenza elevata e continuare a portare eventi e persone positive nella nostra vita. E allora scopriamo o riscopriamo mantra, gong e campane. Anche la voce ha una forte qualità vibrazionale. Ed è per questo che è bello e importante che una sessione yoga si apra e si chiuda vibrando i mantra. Quando cantare diventa un flusso di energia pranica che tocca Manipura (terzo chakra), Anahata (quarto chakra) e Vishuddi (quinto chakra) si liberano molti blocchi, si percepisce una gioia profonda, si prende coscienza del contatto imprescindibile con l’altro e l’energia universale.

Om è in realtà la contrazione del suono Aum, che ha la stessa radice di Amen dei cristiani e dell’Amin del musulmani. Siamo Uno. Cantando Aum o pronunciando le parole sacre Amen (così sia) o Amin, celebriamo quest’Uno che lo Yoga ci fa scoprire dentro di noi. Ogni giorno.

E, di nuovo, lo Yoga diventa celebrazione.

Lorenza Minola

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