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Foto di Enrico Procentese

Salus per aquam insegnano i latini. L’acqua è il costituente principale dell’organismo umano: rappresenta circa il 60% del peso corporeo di un uomo adulto di taglia media e circa il 50% nelle donne. I centenari sfiorano mediamente il 40%, mentre nei neonati, addirittura, tale percentuale arriva al 75%.  Nell’occhio, nei polmoni e nel cuore l’acqua è presente in elevate percentuali, che si aggirano attorno all’80%, mentre nelle sostanze adipose le concentrazioni sono molto più modeste, inferiori 10%.

A livello psicosomatico, l’acqua rappresenta la sfera emozionale, che viene condizionata da una serie di stimoli interni ed esterni che percepiamo. Paura, rabbia, gioia, preoccupazione, tristezza fluiscono come un’onda, che nasce, cresce dentro di noi e poi, se tutto va bene, si allontana. Dipende solo da noi vivere le emozioni oppure bloccarle e soprattutto evitare che ci travolgano come uno tsunami.

Il filosofo e sociologo polacco Zygmunt Bauman ci insegna che la nostra epoca è caratterizzata da “relazioni liquide”, vincoli molto fragili che stabiliamo con le persone intorno a noi. Come succede con l’acqua, questi legami effimeri occupano momentaneamente uno spazio nella nostra vita, ma vengono drenati velocemente così come sono entrati nella nostra esistenza.

La metafora non è casuale, dato che la composizione dei liquidi corporei è strettamente correlata alle emozioni che insorgono improvvisamente e cambiano forma repentinamente nel nostro corpo. In particolare, la ritenzione idrica e la stasi linfatica possono essere tradotte psicosomaticamente con la difficoltà a elaborare le emozioni intense, sempre più presenti nelle nostre vite, che restano bloccate.

Secondo Rüdiger Dahlke «i quadri clinici corporei ci permettono di arrivare ai contenuti psichici in essi cifrati», identificando la malattia come il sistema usato dall’anima per rendere l’uomo consapevole dei suoi conflitti interiori irrisolti. Nel suo lavoro Malattia come simbolo (Dizionario delle malattie. Sintomi, significato, intepretazione), il noto medico, specialista in terapie naturali e psicoterapia, definisce per esempio il livello sintomatico dell’autointossicazione come conseguenza del fatto che «temi non digeriti cominciano a bloccare il proprio organismo» e individua il riscatto da questa condizione nel «trovare il modo di eliminare le tossine che si presentano nella propria vita; spuntarla con la vita e i suoi prodotti di scarto». Addirittura per Dahlke l’infiammazione equivale, al livello sintomatico, a un «conflitto materializzato» e il riscatto sta nel «riconoscere il carattere conflittuale della condizione umana, vivere con i conflitti». Allo stesso modo la chiave di volta dalle malattie del fegato ha a che fare con la «fiducia».

Partendo dalla dimensione psicosomatica dei sintomi e dal loro significato simbolico, e promuovendo il più possibile le forze di autoguarigione del corpo, dobbiamo perciò abituarci a detossinare il nostro organismo, “tenendo puliti” i piccoli e grandi organi deputati alla eliminazione delle scorie assunte dall’esterno (gassose, idrosolubili e liposolubili), ma anche emotive o determinate dalle forme pensiero disfunzionali. Polmoni, reni, intestino, fegato, cistifellea, milza, gangli linfatici e non ultima la pelle, che segna il confine tra ciò che è dentro e fuori di noi, devono poter svolgere la propria funzione di sostegno, filtro e pulizia dell’organismo. Ancora meglio attraverso il drenaggio, un’azione che stimola non un singolo organo o un apparato emuntorio, ma coinvolge l’intero sistema favorendo l’eliminazione delle scorie pesanti e leggere.

La riflessologia plantare psicosomatica, attraverso uno specifico protocollo, lavora sugli organi deputati alla eliminazione delle scorie e sul sistema linfatico, andando a influenzare l’intero “terreno”, mentale e funzionale, dell’organismo e a minare direttamente le fondamenta dei blocchi emozionali. Per questo l’azione detossinante precede necessariamente tutte le altre. E lavora su due livelli, gli organi emuntori e il ritorno linfatico. In base al luogo i cui liquidi e linfa ristagnano è facile capire quali funzioni tendiamo a bloccare. Il disturbo funzionale diventa così uno strumento per capire se stessi e affrontare i nodi alla base della sintomatologia.

I piedi sono le nostre radici, sostengono il cammino della nostra vita e rappresentano la persona nella sua interezza di sistema corpo-mente, in cui tutto è interdipendente. Partendo dal presupposto che ogni parte del corpo può rappresentare le condizioni del tutto, così come ogni cellula contiene il Dna da cui replicare un organismo, la riflessologia plantare collabora egregiamente con altre tecniche utili alla detossinazione, dalle diverse pratiche manuali ayurvediche alla idroterapia e alla talassoterapia, dall’erboristeria alla fitoterapia, dallo yoga al pranayama, alla meditazione. L’esercizio fisico, la corretta alimentazione e uno stile di vita sano per il corpo e per la mente sono e restano, però, i partner irrinunciabili di qualunque approccio terapeutico.

Viola Shanti

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