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Tempo di lettura:3 minuti, 33 secondi

Bellissime le frasi sui social, su Pinterest, nei copy delle foto.
“Tutto cambia”
“Panta Rei”
“Tutto è impermanente”
“Ogni cosa può cambiare da un momento all’altro”

Sono affascinanti le semplici verità alle quali non ci sentiamo di aggiungere null’altro.
Eppure, a ben pensarci, quanto scleriamo quando qualcosa o qualcuno c’è e, il giorno dopo o il momento dopo, non c’è più?
Avete presente quando non possediamo più una cosa o una persona alla quale eravamo particolarmente legati? O si rompe il vetrino dello smartphone appena comprato…

Se ci pensiamo, effettivamente, scleriamo.
E lo sclero è direttamente proporzionale all’importanza della persona o dell’oggetto in questione.
Applichiamo la frase “tutto cambia” a una relazione. In base al cambiamento, una persona che amiamo, potrà non esserci più il giorno dopo. Non perché muoia; semplicemente non ci ama più.

Quanto possiamo ritenerci “pronti” a questa evenienza?
La risposta sta nella reazione che abbiamo in questo genere di situazioni.

Come può aiutarci la pratica ad affrontare il cambiamento?
Se pensiamo ai 60 minuti di pratica in un centro, o durante la nostra pratica personale, noteremo che le “forme” nelle posizioni cambiano sempre.
Anche se la sequenza è la medesima, le forme degli Asana mutano da una posizione all’altra, a prescindere che sia uno stile dinamico o meditativo.
Questo è il corpo che muta e si muove.

E il respiro? Cambia anche esso, a seconda dello sforzo o dell’emotività in quel determinato giorno/momento.

E i pensieri? Cambiano anch’essi.
E’ davvero difficile, ma non impossibile, mantenere la mente fissa sull’oggetto/corpo per tutta la durata delle posizioni.
Anche il flusso della mente va e viene. La differenza sostanziale, rispetto al resto della giornata, è che durante una pratica di Yoga dovremmo esser presenti a noi stessi in modo tale da dirci “ecco, sto pensando… mi sto distraendo… sto pensando a come mantecare la pasta con il salmone…” accorgendoci del pensiero che sorge.
Può presentarsi davvero di tutto.

Pranayama – Dharana (concentrazione) e Dhyana (meditazione) possono esser strumenti preziosi per osservare il cambiamento.
Sono metodi pratici per comprendere che ciò che accade dentro di noi, accade anche all’esterno. Microcosmo che si riflette nel Macrocosmo, e il contrario: sono due facce della stessa medaglia.
Alle volte pensiamo che per affrontare i cambiamenti ci sia bisogno di esperienze “esterne”.
Tuttavia, sperimentando le pratiche “interne” dello Yoga, vedremo quanto cangiante sia il nostro corpo, con le sue cellule, il suo modo di respirare, il suo modo di pensare.

Il Pranayama modifica e cambia il nostro modo di respirare.

La Concentrazione modifica il nostro modo “dispersivo” di osservare un oggetto.

La Meditazione ci apre allo scenario cangiante dei pensieri, non sopprimendoli, ma conoscendo il meccanismo della mente per trattarla come tutti gli altri sensi: bloccandola quando non ne abbiamo bisogno, per farla riposare.

E i testi della tradizione cosa dicono a riguardo?
Tanto. Potremmo scrivere un altro articolo.

Basti pensare che nella Bhagavad Gita uno Yogi è paragonato a una fiamma di una lanterna che non viene turbata dai forti venti e cambiamenti della vita.
Il che non vuol dire fregarsene o rassegnarsi; è avere assenza di rimorsi, rimpianti, rabbia… di tutti quei veleni pronti a ripresentarsi perché si è riempito un vaso (la nostra mente e il nostro cuore) che è pronto ad esplodere. L’accettazione è quel foro nel vaso che lascia andare l’acqua sporca, mantenendo il tutto stabile, come la fiamma della lanterna / Yogi.

Insieme alla Gita anche il Buddha parla di una qualità utile per accostarsi in modo consono al cambiamento, l’Equanimità – Upekkha (Pali) , Upeksha (sanscrito) deriva da Upa-ikkha, Upa-iksha tradotta anche con equilibrio, bilanciamento (della mente).

Ci lasciamo con una delle belle frasi da copiare e incollare sui social.
Nulla contro il CTRL+C e CTRL+V: oltre a usare le dita cerchiamo, la prossima volta, di usare la mente e il cuore per interiorizzare ciò che leggiamo.

Ma, soprattutto, farlo nostro: per i piccoli e, soprattutto, i grandi cambiamenti che ci sono e ci saranno nelle nostre vite.

“L’equanimità è uno spazioso silenzio della mente, una calma splendente che ci permette di essere pienamente presenti, con tutte le mutevoli esperienze che formano il nostro mondo e le nostre vite.”

– Sharon Salzberg, Loving Kindness –

Vittorio Pascale

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