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Che cosa vuol dire “essere spirituali”? E’ una domanda che mi sono posta tante volte, da quando pratico Yoga.

La prima risposta che mi viene in mente, banalmente, è che “essere spirituali” voglia dire non essere più attaccati alle cose materiali, ai luoghi comuni, ma essere piuttosto più propensi ad occuparsi di questioni più alte, come il senso della vita, cosa c’è dopo la morte, oppure l’interconnessione tra gli esseri viventi e l’Universo, l’esistenza di Dio, e così via.

Tuttavia, nella mia limitata visione, mi è sorta anche un’altra domanda:”ma perché non possiamo cercare la spiritualità nella nostra di vita, qualunque essa sia? E se invece la vera spiritualità fosse l’arte di vivere veramente seguendo la nostra unicità?”

E allora, mi viene in mente che, forse possiamo paragonare la spiritualità alla saggezza. Non la saggezza quella saccente di chi crede di sapere tutto, ma la saggezza di chi ha vissuto pienamente. Quando dico vivere pienamente non mi riferisco ad un vivere sempre sulla corsia di sorpasso. Piuttosto, ad un essere presenti a se stessi, completamente radicati nell’adesso.

A vent’anni, pensavo che sarei stata felice solo quando avrei raggiunto tutti gli obiettivi che mi ero prefissata. Ma quando gli obiettivi sono andati perduti che cosa mi è rimasto? Solo tutto il percorso fatto fino ad allora.

Una delle lezioni più importanti che mi ha dato lo yoga è che, tutta la pratica e lo studio alla fine non avranno un risultato, in termini di obiettivi raggiunti, ma l’unica cosa che conterà davvero sarà la persona che diventerò lungo il percorso. Se finalmente avrò imparato a conoscermi.

Sono una persona pragmatica e credo che la vita sia fatta di cose concrete, compromessi, momenti top e altri che avresti preferito non vivere affatto. Eppure ritengo che nonostante tutto, il più grande atto di spiritualità sia di vivere pienamente, anche quando senti di non potercela fare. Per scoprire poi che, dentro di te, c’è una forza propulsiva che non pensavi nemmeno di avere.

Non c’è forse spiritualità nel guardare il sorriso disarmante del tuo bambino, dopo aver avuto una giornata infernale?

Non c’è spiritualità nell’assistere al miracolo di un nuovo giorno che nasce, dopo una nottata insonne passata a piangere?

Non c’è spiritualità nel sedersi senza far nulla e semplicemente assaporare la vita che fluisce, dopo aver lottato duramente ed esserne comunque usciti miseramente sconfitti?

Dare valore ad ogni singolo gesto è, dal mio punto di vista, il più grande atto di spiritualità. Celebrare ogni singolo istante, sapendo che non ce ne sarà mai un altro uguale, rende tutto più sacro. Anche i momenti bui.

La maggior parte delle volte iniziamo ad occuparci della nostra Spiritualità quando stiamo veramente male, subiamo un lutto o tocchiamo il fondo. In quel momento arriva qualcosa che ci scuote dal nostro torpore e ci mette di fronte a noi stessi, non come persona, ma come un semplice essere umano. E’ crollato tutto, le credenze, le aspettative, le certezze. E allora cosa è rimasto? La vita, che nonostante tutto andrà avanti.

Paola Gentile

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