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L’India, con la sua storia millenaria, offre una prospettiva filosofica caleidoscopica che si distingue dal pensiero occidentale prettamente lineare.

Utilizzo questa metafora, in quanto permette di rendere l’idea della filosofia indiana: “non è la realtà che cambia, ma la nostra visione”.

Il tessuto intrecciato di idee, credenze e pratiche spirituali in India si manifesta attraverso un approccio caleidoscopico alla comprensione della realtà, senza la pretesa di avere una verità imprescindibile.

A differenza dell’occidente dove il “nuovo” sorpassa il “vecchio”, e il pensiero all’avanguardia sminuisce quello precedente, la filosofia indiana tende a non gettare mai l’antico.

Tutto può essere riconducibile all’inizio dei tempi, ed è così che tutto si mescola come dentro a un caleidoscopio.

Questo modo di pensare crea un paesaggio intellettuale ricco e multi sfaccettato di difficile comprensione per noi occidentali che siamo abituati a ragionare per compartimenti.

Uno degli aspetti più distintivi di questa prospettiva è rappresentato dai darśana, le sei scuole principali di pensiero filosofico indiano.

Il termine darśana significa “vedere” e implica una visione profonda e comprensiva della realtà. Ogni darśana offre una lente unica attraverso la quale interpretare il mondo.

  • Il Nyāya si concentra sulla logica offre un approccio metodico per comprendere la realtà attraverso la ragione.
  • Lo Yoga, cerca la liberazione attraverso l’unione con il divino.
  • Il Sāṃkhya analizza la distinzione tra spirito e materia, esplorando la natura dell’esistenza, senza però contemplare l’esistenza di un dio.
  • Il Mīmāṃsā indaga sulla natura dei doveri e dei rituali, fornendo una guida per una vita etica.
  • Il Vedānta, esplora il concetto di assoluto, considerando la realtà ultima come vera.
  • Il Vaiśeṣika, invece, analizza la natura degli oggetti e delle loro particelle costituenti, cercando di comprendere la struttura fondamentale dell’universo.

Ciò che rende il pensiero indiano unico è il modo in cui questi diversi darśan non esistono in isolamento. Ma, si intrecciano e si influenzano a vicenda, creando una sinfonia di prospettive che si fondono in una visione armonica e complessa.

La visione filosofica indiana, quindi, abbraccia l’interconnessione e l’unità nell’apparente diversità, facendone un punto di forza e non di debolezza.

Questa prospettiva si ritrova anche nell’aspetto religioso che viene definito un monoteismo polimorfo.

Mentre il monoteismo occidentale tende a concepire Dio in termini di un’entità singola e onnipotente, il monoteismo polimorfo indiano accoglie la diversità di manifestazioni divine come espressione di un’unica realtà suprema.

In questo contesto gli dei e le dee sono visti come molteplici aspetti di un’unica forza cosmica. Ad esempio, possiamo ricorda che la Trimurti è composta da Brahmā ,Viṣṇu e Śiva, rappresentando rispettivamente la creazione, la conservazione e la distruzione dell’universo, ma in ultima analisi, sono manifestazioni di un’unica forza divina, il Brahman.

Tre aspetti quindi di un unico Dio.

Il Dharma, un concetto centrale nel pensiero indiano, aggiunge ulteriore profondità a questa prospettiva caleidoscopica. Non facilmente traducibile, il Dharma può essere interpretato come l’ordine etico, morale e cosmico che sostiene l’universo. È il dovere intrinseco che ogni individuo ha nella propria vita, in armonia con gli altri e con l’intero cosmo. Mentre nel pensiero occidentale il focus spesso è sull’individuo e i suoi diritti, il Dharma mette in evidenza l’importanza delle responsabilità sociali e sopratutto cosmiche.

Il Sanatana Dharma, o “Dharma eterno”, è come gli indiani chiamano l’induismo.

Usando questo termine si amplifica ulteriormente questa prospettiva. Un concetto che abbraccia il Dharma come principio fondamentale per vivere in armonia con la realtà e la divinità, rappresenta l’idea che questa comprensione etica e morale sia intrinseca e eterna, non soggetta a cambiamenti temporali o culturali. Il Sanatana Dharma offre una guida etica universale che trascende le barriere culturali e temporali.

Inoltre, è fondamentale considerare che tra il V e il VI secolo d.C., con l’incursione del Tantra, si aggiunge una visione di ulteriore di complessità alla tradizione religiosa indiana.

Il Tantra rappresenta un insieme di tradizioni spirituali e pratiche che si sono volute differenziare dalle pratiche più convenzionali del Brahmanesimo.

L’influenza del Tantra sul Brahmanesimo diventa evidente soprattutto a partire dal periodo medievale, nel corso del primo millennio d.C. Tuttavia, è cruciale sottolineare che tali influenze non seguono uno schema uniforme, variando notevolmente in base alle regioni e alle diverse scuole di pensiero.

Il Tantra si è sviluppato come risposta al rigido sistema delle caste e alle restrizioni delle pratiche rituali dei brahmani,o bramini. Questa corrente di pensiero, con la sua stretta connessione all’ energia di Śiva e Śakti, adotta una visione più aperta e inclusiva della spiritualità, sfidando le gerarchie sociali e le regole convenzionali.

Ricordiamo infine che, questa contaminazione ha permesso allo hatha yoga di svilupparsi e diffondersi, definito poi nei testi come l’hatha yoga pradipika, la scala per raggiungere il raja yoga.

Ancora una volta quindi, nessuno osa prendersi la responsabilità di aver creato qualcosa di nuovo o diverso, tutto è collegato, tutto è uno in India.

A differenza nostra dove desideriamo avere il primato di originalità, in India tutto è un immenso gioco di visioni e colori mescolati tra loro.

Francesca Lo Iacono

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