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Ieri era Guru Nanak Jayanti.

Sapete questo aneddoto su Guru Nanak?
Ci farà capire la “storia” successiva…

Guru Nanak Dev ji viene accolto dai Sidh sul Monte Sumayr, durante i suoi viaggi. Nanak, raggiunse il Sumer Parbat (montagna) che era l’habitat di nove nath e ottantaquattro sidha, oltre a sixjati (celebri asceti). Il loro capo era proprio Guru Gorakh Nath.

Guru Nanak li visitò e porse i suoi saluti con la dovuta cortesia, e li invitò ad un incontro. I sidha ricambiarono il saluto nel nome dell’Adi Purkh e lo accolsero dicendo: “Ci hai obbligato con la tua visita. Questo è davvero gentile da parte tua”.
Poi è seguito il discorso di Guru Nanak con Gorakh Nath. Il Guru recitò il Jap j e molti altri inni. Gorakh Nath invitò il Guru a diventare uno yogi, a indossare abiti da yogi con orecchini e ad adottare un guru, perché nessuno dovrebbe essere senza un guru.

“Non sono senza guru. Ho un Guru”, rispose Guru Nanak.

“Bene, allora chi è il tuo guru?” chiese Gorakh Nath.

“Il mio Guru è il Creatore stesso.”

“Quali sono i Suoi attributi?” chiese Gorakh Nath.

In risposta a questa domanda Guru Nanak recitò il primo sloka del Japu ji.
“Vero all’inizio, Vero in tutte le epoche; Vero ora e sempre Egli sarà Vero.” (Aad gureh nameh sat gureh nameh siri Guru deve nameh)

Dopo aver ascoltato lo sloka Gorakh disse: “Ebbene, allora anche tutti gli esseri viventi che esistono sono veri ed eterni. Non è vero? Gli attributi del Creatore e di quelli creati da Lui dovrebbero essere gli stessi. Potrebbero essere diversi?”

“Ascolta, Nath ji, gli esseri creati nascono e sono soggetti alla morte. Sono soggetti all’orgoglio e all’attaccamento. Soffrono il dolore nella ricerca del piacere. Sono soggetti alla lussuria che porta ai problemi. A causa della loro debolezza essi sono suscettibili al vizio e soffrono le conseguenze delle loro azioni, che li fanno ballare come scimmie frivole. Non conoscono riposo né pace.

Come possono tali esseri essere chiamati veri o eterni? Solo il Creatore è Eterno. La sua stella brilla sempre. Egli è immanente e indivisibile, sottile e astruso, è la fonte di ogni beatitudine.

Maya è la sua ancella, è onnipotente (fa qualunque cosa voglia), è in ogni forma (immanente) ed è anche distaccato da tutto, forme (Trascendente). Un tale Creatore è Eterno e nessun altro”, rispose Guru Nanak.

“Esatto, se gli esseri creati non sono il Creatore, sono suoi figli, e quindi devono essere come Lui. Non c’è differenza: tra un padre e suo figlio.”

“Ascolta Nath ji, quello che dici è corretto. La risposta è che tutti gli esseri sono certamente Suoi figli. Ma questi figli, quando diventano pazzi, sono legati a un pilastro e ricevono cibo e acqua a orari prestabiliti. Il figlio di un re è ha diritto al trono, ma a causa della follia subisce questo trattamento degradante. La sua pretesa di regnare vale solo se viene curato da qualche medico con cure adeguate. Allo stesso modo l’uomo, a causa dell’ignoranza, rimane in uno stato paragonabile a follia. È solo quando segue gli insegnamenti del Perfetto Maestro e adotta la medicina delle virtù, che diventa uno con Brahman, liberandosi di ogni superstizione e ignoranza. Gli attributi del Signore Padre diventano parte della sua stessa natura. Così finì la discussione con i sidha.

Gorakhnath in cambio della rivelazione, gli diede la spada e gli insegnò ad usarla.

Dopo questo, nacquero gli Aghori Sadhu “Udasin” , chiamati anche Nanak Putras (che significa “figli di Nanak”), custodi e protettori dei templi e devoti Sikh e indù.

Le pratiche mistiche degli Udasin non erano conformi alla rigidità richiesta dal Khalsa di Guru Gobinde e nel 1900 furono ufficialmente espulsi, e dopo l’espulsione si considerano principalmente Indù.

Gli Udasin infatti hanno un codice di abbigliamento diversi dai guerrieri Khalsa, si adornavano con un rosario di fiori, un vaso fatto di zucca essiccata, una catena intorno alla vita, cenere dei defunti da spalmare sul loro corpo e una pelle di daino su cui eseguire Hatha yoga.

Si allenano nelle Akhara (tempi adibiti alla lotta e al wrestling ) dove si prega, adorano i panchayatana (le cinque divinità indù: Shiva , Vishnu, Durga, Ganesha e Surya).

Suonano i Gawantaris, trombe di guerra, anche in modo rituale.

Un loro sotto gruppo, erano i Naga Sadhu, Naga (Nāngā), e i seguaci di questa setta rimangono nudi ad eccezione di una catena di ottone portata intorno alla vita, e spesso con serpenti attorno alla testa o in mano.

Altri sotto gruppi sikh dell’epoca contemporanea includono il Sikhismo 3HO , indicato anche come Fratellanza Sikh Dharma formata nel 1971 per stabilire la fede Sikh nell’emisfero occidentale, guidata da Yogi Bhajan.

Una voce importante e spesso dimenticata furono i sadhu dell’organizzazione armata di guerrieri Sikh chiamata Nihangs o Akalis, che significa “gli immortali”.

I Nihang dominarono la prima storia militare sikh ed erano rinomati per i loro trionfi nonostante fossero di gran lunga in inferiorità numerica ai musulmani.
I Nihang, che in origine erano le squadre di guerriglia irregolari dell’esercito Sikh Khalsa , formavano alcune parti delle forze armate dell’Impero Sikh ed erano storicamente rinomati per il loro valore e la loro crudeltà e ferocia sul campo di battaglia.

I Nihang consumano piccole quantità di cannabis tritata in una bevanda chiamata shaheedi degh (ਭੰਗ), composto da noci, erbe, fiori e una leggera quantità di cannabis.

Ora, quanto letto finora è la teoria, fin troppo nobilitante e romantica…

Nella realtà erano Sadhu e Aghori devoti anche a Shiva, e alcune frange delle sette o ripartizioni militari erano interessati anche agli aspetti magico-sciamanici più che a quelli filosofici: così i rituali divengono veri e propri atti magici, finalizzati all’acquisizione di poteri soprannaturali, e che comportano il sacrificio di animali e perfino di esseri umani fino al cannibalismo dei defunti.

La comunione con Shiva passa in secondo piano rispetto alle fatture contro i nemici, e al potenziamento delle virtù magiche degli “stregoni” attraverso il rito.

Secondo alcune fonti, gli Aghori sarebbero addirittura convinti che Shiva perdona fino a sette omicidi (esclusi i sacrifici umani, che sono sempre a fin di bene e che quindi non entrano nel conto… ovviamente).

E finalmente ho capito, fra le varie ragioni già risapute, per cui Yogi Bhajan portò in occidente un Kundalini Yoga intriso zeppo di Sikhismo e molto “filtrato” nelle pratiche: anche per la necessità di veicolare un contenuto più “gestibile”, più disciplinate e soprattutto rassicurante.

Sat Nam ji,

Carolina Paoletti (Amar Devi Kaur)

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