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Foto di Enrico Procentese

Perdersi per ritrovarsi. Gli amori karmici e la forza trasformativa delle relazioni affettive

Perché proprio a me? Perché adesso? Perché il destino mi tormenta? Quante volte nella nostra mente si affollano questi interrogativi. Alcuni si sentono nati fuori tempo o in una società estranea. Altri sembrano soffocare, stretti da una morsa, oppure vivono la sensazione di risalire la vita controcorrente. Legge di causa-effetto, reincarnazione, destino?

Jung diceva, che «ciò che non si vuole sapere di se stessi finisce sempre per giungerci dall’esterno e assumere la forma di destino». Ma nulla accade per caso, e l’amore non fa eccezione. Il karma è la chiave.

Alberto Valentini, nel suo libro Vivi la vita con karma (Hermes Edizioni), ripercorre le curve a gomito di questo delicato e cruciale argomento. «Le domande che ci poniamo sono sempre le stesse. Nella maggioranza dei casi però non riusciamo a comprendere i legami, i collegamenti o i nessi occulti relativi ai nostri guai […], sui quali invece dovremmo proprio concentrare la nostra attenzione; per contro, tendiamo a non soffermarci sui nostri successi, su ciò che a volte ci ha permesso di essere vincenti e, inoltre, non teniamo mai conto dell’aiuto e del supporto ricevuto dagli altri; così, in negativo, con fare liquidatorio, attribuiamo tutto a un destino avverso, al fato, oppure alla sfortuna».

Ogni azione produce una reazione, ed è questo il principio base della legge del karma. Ma la condizione caratterizzante, secondo Valentini, è che «la “reazione” dell’uomo di fronte a una causa da lui stesso preordinata è un evento unico e personalissimo [..], di cui si può disporre liberamente attraverso il libero arbitrio. E’ quindi autogestione e non sottomissione al destino».

Anche l’amore è chiamato in causa, un concetto a volte radicalmente sconvolto da una cieca e ostinata ricerca fuori da sé. «Ultimamente si parla molto della ricerca dell’anima gemella. Ecco, questa è una delle distorsioni rispetto all’amare un altro. Senza una consapevolezza karmica non c’è anima gemella che tenga! Tutti cercano amore, tutti hanno il desiderio di essere amati, tutti vivono nel convincimento di saper amare. Purtroppo, in cuor proprio, tutti mentono sapendo di mentire. La nostra mente è sempre più condizionata da false rappresentazioni sull’amore, al punto che alcuni concetti sbagliati si vanno via via stabilizzando come verità».

Nella vita è possibile sperimentare diversi tipi di amore e ognuno di essi ci mette in contatto con la parte di noi che ha più bisogno di essere presa in considerazione o che reclama l’attenzione dell’altro. E poi ci sono amori che cambiano la vita. Paolo Crimaldi, esperto in psicologia umanistico-esistenziale, psicosintesi e astrologia karmico-evolutiva, ha individuato in terapia karmica tre tipi di relazioni che, in un modo o nell’altro, concorrono a dare una svolta alla nostra esistenza e a sviluppare una serie di atteggiamenti, vissuti e reazioni. Nei suoi libri Amori karmici e Amori che cambiano la vita (Edizioni Mediterranee), distingue appunto tra amori karmici, destinici e ossessivi.

«Gli amori karmici affondano le loro radici in vite passate e portano in sé un insieme di emozioni bloccate di cui non si è potuta fare esperienza. Sono relazioni non chiuse, lasciate in sospeso, che in questa vita rivendicano con forza di essere considerate, vissute e soprattutto definite». Uno dei campanelli d’allarme più comuni consiste nel chiedersi, incontrando per la prima volta qualcuno: «Lo conosco, ma dove l’ho visto?». Ed ecco il colpo di fulmine, l’avvertire da subito una sensazione di profonda familiarità, una forte empatia, un sentire le cose all’unisono. Gli amori karmici, piuttosto rari, non sono destinati a durare, proprio perché finalizzati a sciogliere un nodo irrisolto, a chiudere quella porta lasciata aperta nel passato, per progredire a livello affettivo e superare un atavico impedimento alla propria emotività.

Diversi gli amori destinici, che invece cambiano la nostra vita e attendono proprio l’arrivo di un partner­ maestro per poter essere definitivamente affrontati. Secondo Crimaldi si tratta di «un tipo di relazione dal grosso potenziale evolutivo, che ci aiuta a crescere e a costruire positivamente il nostro Sé emotivo, che dà l’opportunità di vivere in modo autentico e ritrovare quelli che sono i veri valori di cui siamo portatori». Questo tipo di amore può comportare sofferenza, ma si tratta sempre e comunque di un dolore finalizzato all’apertura di un nuovo sentiero e al recupero di ciò che era andato perduto confinandoci nella solitudine o nella perdita di autostima.

Infine, gli amori ossessivi, «caratterizzati da un’idea costante della perfezione della storia». Anche a dispetto di ogni evidenza contraria, ci si ostina a portare avanti una relazione impossibile, frustrante, e spesso carica di sofferenza e rifiuto. La quale, in compenso, prelude a grandi cambiamenti esistenziali. «Se in un amore destinico è il partner a fungere da attivatore del nostro potenziale evolutivo, in un amore ossessivo siamo noi a voler essere delle guide, dei terapeuti nei riguardi dell’altro, anche se non c’è stata mai una precisa richiesta, se non addirittura un netto rifiuto».

L’analisi di Crimaldi parte dal presupposto per cui la vita è un processo ascensionale, quindi tutto ciò che può essere fonte di involuzione o di stagnazione va superato. Non senza però aver «tentato di mutare il corso degli eventi e portato il partner ad un vissuto più positivo e costruttivo del rapporto, così come della sua vita».

Il momento in cui avviene il ritrovamento karmico – o meglio dharmico, perché consente la nostra evoluzione – è in genere quando abbiamo rinunciato a cercare relazioni affettive e riusciamo finalmente ad apprezzare la solitudine e a stabilire il nostro equilibrio interiore. La coazione a reiterare la stessa scelta emotivo-relazionale è tipica invece di chi è ancora condizionato da dinamiche profondamente sedimentate, condizione questa che la psicanalisi tende ad attribuire principalmente alla relazione che il bambino stabilisce con le figure genitoriali, in particolar modo la madre, nei primissimi attimi di vita. Secondo Crimaldi «la consapevolezza delle dinamiche emotive con i propri genitori è solo il primo passo verso la crescita e il superamento di cliché comportamentali. Tant’è che, anche nello stesso ambito psicanalitico, sia pure con motivazioni differenti, sembra giungere James Hil­lman, un analista di scuola junghiana, il quale […] è dell’avviso, partendo dalla teoria della ghianda di Platone, che ognuno di noi, guidato da un daimon, sceglie i propri genitori (e di riflesso i vari condizionamenti di questa vita), poiché la loro presenza serve a poter sviluppare ciò che è in nuce in noi (nella ghianda), essi sono dei mezzi che ci permettono di far maturare tutto quell’insieme di cose per cui abbiamo deciso di venire al mondo».

Di certo c’è il valore indiscusso dei legami fin dall’origine della vita. E il fatto che «quasi tutte le relazioni karmiche posseggono un potere rigenerante o degenerante, ma comunque sempre trasformativo. Infatti, ci sono persone che, quando si innamorano (o ricevono amore) di un partner già conosciuto in una passata esistenza, da rane si trasformano in bellissimi principi o principesse o accade che da principi si trasformino in rane; ciò è dovuto proprio alla natura karmica del rapporto».

Che in altre parole potrebbe dirsi: ritrovarci – nell’altro e con noi stessi – è ciò che serve per dare una svolta alla nostra vita. Amore come esperienza assoluta, come archetipo, oltre ogni condizionamento e giudizio. Amore come storia karmica dell’anima. Amore va verso amore (Romeo e Giulietta).

Viola Shanti

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