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La condivisione

La condivisione è importante. Trasmettere ad altri le proprie esperienze è importante: altri ricercatori diventano consapevoli che queste sono reali, sono possibili e ciò li può facilitare nel loro percorso. La strada si accorcia, le esperienze si avvicinano all’improvviso, perché da qualcosa di irraggiungibile, essa diviene qualcosa di raggiungibile.

Una bambina magrolina

Da piccola ero una bambina magra, molto magra. Non mangiavo, non comunicavo volentieri con il mondo esterno, perché non ne avevo nessun interesse. Non provavo attrazione per il mondo intorno a me e, soprattutto, non per le persone intorno a me. Mi sentivo io, io e basta, da sola. Una sensazione strana da descrivere, da adulti non si trovano le parole giuste, tra bambini invece ci si intende.

Da piccola mi rifugiavo nelle mie esperienze di estasi, quando con un movimento particolare degli occhi mi abbandonavo ad una sensazione trascendentale di cui nessuno mi aveva parlato. E nemmeno io ne ho mai parlato con nessuno. Ritornavo ogni tanto a queste sensazioni perché ci stavo bene, serena e in pace. Questo mi bastava.

La prima percezione consapevole del mio profondo se l’ho vissuta verso i 14 anni a scuola, durante un’ora di lezioni mi ha pervasa la consapevolezza di me stessa in senso assoluto, la consapevolezza di un me profondo, eterno, non quello mutabile e temporaneo. È stato un momento importante, del quale non ho mai parlato con nessuno.

Molti anni più tardi, quando ero già madre di due bambine, questa esperienza mi ritorna in mente. La figlia maggiore deve iniziare la prima elementare. Le giornate sono ancora piacevolmente estive e preparo la cena in terrazza. Piacciono le cene in terrazza a noi quattro. Durante la cena lei si rivolge a me e a mio marito: “Ma io perché sono qui?” Mio marito le risponde: “Come perché? Perché domani devi andare a scuola per iniziare le elementari ed ora siamo a cena”. E lei ribadisce: “No. Io perché sono qui?” Capisco perfettamente la sua domanda e cerco di darle la risposta che meritava.

Un’estate giovane

In un’estate della mia giovane età, quando la spensieratezza si intreccia quotidianamente con pensieri più impegnativi, si svolge una cena che mi cambia la vita. Poca leggerezza c’era per me, ero una ragazza sensibile, troppo per questo mondo, spesso ruvido e prepotente.

Una sera d’estate mi trovo a mangiare la pizza in una piccola cittadina sul mare. L’atmosfera è piacevole, estiva, positiva, vivace, serena, amichevole. Un gruppo di giovani, la maggior parte studenti, qualche adulto, ma di animo giovane. Si parla di diversi argomenti tra cui di un ritiro che alcuni di loro avevano fatto e al quale avrebbero partecipato di nuovo. Parlano di cose che non capisco e nemmeno mi sforzo di capire, perché è solo una cena al mare. Voglio stare bene, il profumo di mare, amici, un bicchiere di vino, una pizza, il suono delle onde che si infrangono sugli scogli a qualche metro da noi, il profumo dell’aria d’estate, le vacanze meritate. È piacevole il ricordo di queste serate. Affianco a me, sulla mia sinistra, un amico sincero, che a proposito dei ritiri a me sconosciuti mi dice: “Vacci, ti piacerà.”

Con queste tre parole la mia vita cambia, in una serata estiva che non sembrava nascondesse qualcosa di più intenso.

Dopo alcuni giorni preparo lo zaino con poche cose semplici, la tuta color blu che mettevo a casa, un sacco a pelo e poco altro. Ci incontriamo in quattro per partire insieme in macchina verso un casale in campagna, dove ci attendono altre persone già arrivate da vari posti più o meno lontani.

Ero una ragazza col guscio delicato. Non era fragile il mio guscio, non si rompeva facilmente, era fin troppo resistente, ma molto delicato. Mi portavo dietro un cumulo di emozioni complicate che di giorno in giorno appesantivano il sacco della mia vita. Ero una ragazza giovane con addosso il peso di una vecchia. Ma un giorno ho iniziato a eliminare questo peso, tramite alcune tecniche che aiutano a liberare le emozioni che si appiccicano agli organi interni.

Una di queste tecniche è il Rebirthing. La rinascita. La tecnica potente di purificazione che elimina i blocchi emotivi. In qualche modo questi nodi si sciolgono mentre si rivivono le situazioni, le esperienze non vissute fino in fondo. È una tecnica di respiro, che man mano riporta a galla scene della nostra vita (o di nostre vite) che magari nemmeno ricordiamo.

Ed io ho avuto l’enorme fortuna di poterne rivivere tante, ma proprio tante e di rendere la mia vita, in questo modo, più leggera. L’esperienza più profonda è stata quella della “rinascita” ossia della “mia nascita”. Mi sono trovata a rivivere il passaggio improvviso da un ambiente confortevole al nulla: esperienza terrificante. Nessuno ti avvisa, quando stai ancora beato nella
pancia della mamma, che fra poco uscirai e ti troverai da solo. Nessuno ti dice di stare tranquillo, che tutto si sistema, più o meno, prima o poi. Nessuno ti spiega: “Non ti preoccupare, stai per affrontare una luce diversa, suoni diversi, la pelle sentirà un nuovo elemento, sarà un’esperienza nuova ma non ti spaventare”. Nessuno ti dice niente di niente, nemmeno un sussurro, nemmeno un accenno di tutto ciò! E quando esci ti senti morire dalla paura. Ma come? Appena nato e stai per morire dalla paura. Non è corretto. Ho fatto nascere le mie due figlie con il cosiddetto “parto dolce” per rendere questo passaggio almeno un po’ più sereno. Chissà se è stato così. Ho fatto il possibile. Perché l’esperienza della nascita è la più traumatica di tutte le esperienze di una vita umana. Lì ho capito che è la nascita l’esperienza di cui aver paura e non la morte.

Insomma ho tolto un bel peso dal sacco delle mie emozioni. E ne sono felice.

Arriviamo quindi al casale, bellissima campagna, la natura selvaggia intorno, non ci sono campi coltivati. Mi presento così, giovane, sensibile, intelligente, vecchia, concentrata, sprovveduta, in un casale con l’arredo essenziale e spartano.

Tutti noi seduti e rivolti verso il maestro. Ci dà il benvenuto, spiega regole molto chiare, da rispettare senza alcuna opzione alternativa, e conclude l’introduzione, come se fosse una specie di benedizione, con le parole: “Tutti sappiamo perché siamo qui”.

Tutti sappiamo perché siamo qui

Ma io, veramente, non lo so. Le ultime parole del maestro mi sorprendono, ma non me la sento di commentare, di chiedere una qualsiasi cosa, perché la frase faceva capire che tutti lo sapessimo. Tutti tranne me. Pazienza. Sono qui e vado avanti serena. Da questo momento in poi bisogna stare in silenzio. Non si deve parlare, è proibito, per tutta la durata del ritiro. Non mi preoccupo. Sono abituata a stare con i miei pensieri, da condividere solo con me stessa. Non mi spaventa affatto, mi spaventerebbe dover parlare tutto il tempo con queste persone. Così, invece, sono giustificata a stare con loro ignorandole completamente. Niente male!

La mattina dopo iniziano i lavori. Bisogna scegliere una tra le tre domande: “Da dove vengo, chi sono, dove vado?” Si può passare alla domanda successiva solo dopo aver trovato la risposta alla precedente. Ma la risposta è intesa in senso assoluto. Qui non si tratta di risposte razionali o emotive, sono le risposte che possiamo trovare solo dopo averle cercate intensamente dentro di noi. Sono le risposte che arrivano raramente, perché sono assolute. Una volta che le hai capite le sai per sempre, per tutta la vita, ed oltre.

Si lavora in totale silenzio. Mentalmente ti fai la domanda e attendi la risposta. Le risposte che arrivano sono le più diverse, le più strane, quelle che c’entrano con la domanda, oppure no. La mente è curiosa, è strana. A domanda precisa dà risposte insensate. Non le capisci. Non riesci a collegare la domanda con la risposta, ma in fondo non importa. La mente si sta solo liberando da tutta l’immondizia accumulata per giungere, prima o poi, alla purezza.

Ci sono anche esercizi in coppia. Ci mettiamo seduti uno di fronte all’altro. La persona che hai di fronte ti pone, ad alta voce, la domanda e tu le dai, ad alta voce, la risposta. Questo è l’unico momento della giornata in cui si parla. Attraverso le parole escono sensazioni, emozioni, esperienze, frivolezze, silenzi, ragionamenti razionali. Per vuotare il sacco, per rendere sempre più leggera la nostra anima. Dalla superficie si va verso la profondità ridendo, piangendo, urlando, rimanendo muti, raccontando esperienze dolorose, appaganti, imbarazzanti, ridicole, pettegolezzi o segreti mai confessati. Alcuni restano impassibili, alcuni non riescono a fermare i pianti, alcuni sorridono e si guardano perplessi intorno. Lavoro intensamente, concentrata, molto centrata, come era in fondo il mio modo di essere nella vita quotidiana.

Tutte le ore del giorno si lavora in questo modo, da prima del sorgere del sole, durante i pasti, durante le camminate o lavoretti nel casale e alla fine si va a dormire. Buonanotte.

L’alba, la coscienza cosmica

Dopo la prima giornata impegnativa, la notte nel sacco a pelo è rigenerante. Perché io ogni impegno lo prendo come un impegno, per cui lavoro intensamente, forse anche di notte. Chissà. Comunque il risveglio si presenta straordinario, trascendente, in uno stato di coscienza nuovo, mi sento pervasa da una risposta di supercoscienza.

Il risveglio illuminante dopo la prima notte non era atteso. Soprattutto perché non sapevo cosa attendere, non lo avevo studiato. Qualche momento prima di svegliarmi sento di appartenere a tutto l’universo. Io sono l’universo, l’universo sono io, siamo la stessa cosa, siamo uno, io espansa nell’universo. Mi sveglio con la consapevolezza di essere uno con l’energia cosmica. Non si dimentica quest’esperienza, rimane dentro di me, per sempre.

Un risveglio straordinario. La risposta alla domanda “chi sono?” l’ho avuta. Sono l’universo. L’esperienza di coscienza cosmica. Quando la vivi la riconosci, è inconfondibile, non paragonabile a qualsiasi altra esperienza. È indescrivibile con le parole di noi umani.

Mi alzo trasformata. Scendo le scale alle prime ore del giorno per la colazione, in silenzio. Non parlo, non dico niente a nessuno, perché queste sono le regole. Gli altri mi osservano, riconoscono in me una persona diversa. Attraverso i loro sguardi riesco a distinguere chi riconosce in me la mia nuova esperienza interiore.

La domanda successiva

Quindi passo alla domanda successiva. Si lavora. In silenzio. E poi in coppia. A tirare fuori le cose più frivole e banali, divertenti da ridere a crepapelle e quelle dolorose, pesanti. Non contano le parole, non contano le emozioni, non contano i gesti o le espressioni. Conta solo la risposta. E anche questa volta arriva.

Visite particolari

Una notte della tarda primavera dormivo coperta ancora col piumone invernale, anche se le temperature erano già primaverili. Dormivo come ogni altra notte, con mio marito al fianco
destro. In mezzo al sogno di una conversazione telefonica con una mia carissima amica, tutto ad un tratto lei dice: “Le creature del III Millennio”. Sparisce dal mio sogno e mi lascia da sola con le creature del III Millennio.

Me ne rendo conto all’istante, divento consapevole che gli esseri di un altro pianeta volevano aver a che fare con me. Il terrore pervade tutta me stessa e non permette alla curiosità di farsi spazio, neanche un millimetro di spazio. Mi sento risucchiare dalla punta dei piedi, tutto il mio corpo astrale viene letteralmente risucchiato e portato via. Divento il terrore allo stato puro. L’unico pensiero: quanto tempo starò via, che cosa mi faranno? Mi portano via, non so verso dove, non so per quanto tempo, ma io viaggio con loro. Siamo in volo verso un posto che non conoscevo, che non immaginavo, che non mi interessava vedere. Mi trovo sdraiata sulla schiena su una superficie rialzata con due esseri ai miei alti. Uno alla mia destra ed uno alla mia sinistra. Sento un tocco sulla spalla destra e percepisco l’essere sulla mia destra comunicare telepaticamente a quello sulla mia sinistra: “Nulla di particolare”. Non lo sento con l’udito, ma lo percepisco in qualche altro modo e lo capisco. Inequivocabilmente.

Il fatto straordinario che questa esperienza mi regala è incredibile. È un’esperienza per me preziosa perché mi conferma empiricamente la struttura della mia esistenza. Mentre viaggio con loro chissà dove, mentre mi esaminano e durante il mio ritorno verso il mio corpo, durante tutto questo tempo ho la lucida consapevolezza dei tre livelli della mia esistenza: del mio corpo fisico che resta svuotato e immobile sul letto, del mio corpo astrale che è in viaggio e della mia coscienza che è sempre vigile e presente. La coscienza che rimane vigile e presente, consapevole di se stessa e dei miei corpi astrale e fisico. La coscienza che mi fa sentire presente in tutti questi tre modi contemporaneamente, incredibilmente.

Al rientro del corpo astrale nel corpo fisico questo si riempie di energia e si risveglia. Di nuovo tornata in me! Che gioia! Che felicità! Sono tornata, sono tornata in me stessa! Sveglio mio marito, gli racconto tutto. Mi ascolta, con pazienza, non commenta e conclude dicendo: “Ora ti sei calmata? E allora torniamo a dormire”.

Io non torno a dormire, rimango sveglia per il resto della notte. Resto sveglia a riflettere per molti giorni ancora, per mesi. L’esperienza che cambia la mia vita e attraverso le parole che noi umani comprendiamo cerco di dire: può capitare, non vi spaventate, abbiate rispetto di loro.

Le risposte arrivano

Le risposte alle domande ai ritiri arrivano, un po’ per volta. Le risposte capitano, scendono su di me. Quando scende su di me l’energia cosmica, provo stupore ogni volta, mi sento avvolgere in essa come in una nuvola di beatitudine, che ogni volta mi arricchisce di una coscienza nuova. La magnifica beatitudine, l’onnipresente beatitudine, l’assoluta beatitudine sempre nuova e sempre la stessa.

Lo stupore si ripete di volta in volta. Non te lo aspetti anche se lo aspetti. Non puoi sapere quando ti capiterà, ma percepisci all’istante quando ti capita. Inconfondibile, unica, illuminante prova di coscienza onnipresente. Una di queste esperienza mi porta nello stato di amore per tutto ciò che mi circonda. Dopo aver provato la indescrivibile bellezza dell’energia cosmica, sento uscire l’amore dal mio essere in tutte le direzioni. Sono una sorgente di amore puro, incessante, incontrollabile e raggiante. Sento l’amore per le persone che mi sono attorno, per tutti i partecipanti del ritiro, per tutti nello stesso identico modo. L’amore puro che mi unisce a loro e mi fa sentire uno con loro. Io sono loro, come sono io in me stessa.

Rivolgo lo sguardo fuori dalla finestra. Vedo un albero. Verde. Stupendo. Meraviglioso. Un albero per il quale provo lo stesso amore puro. Esco, alcuni notano il mio stato di essere supercosciente, guardo la natura intorno e per tutti i prati, per tutti i boschi, per le farfalle che ballano il ballo più sublime, per gli uccelli che cantano il canto più sottile, per tutti i fiori che risplendono nei colori più luminosi, provo lo stesso amore, l’amore che è in me ed è in loro, l’amore che ci unisce, ci rende uno, un amore unico.

Questo amore vibra diversamente dall’amore emotivo. È un amore senza coinvolgimento. Questo amore resta nella mia consapevolezza per sempre e per l’eterno. Una meravigliosa esperienza per la quale provo profonda gratitudine.

Mi capita di vivere un’esperienza che riguarda la percezione del tempo. Nello stato di supercoscienza il tempo ha un’altra dimensione. Questa consapevolezza del tempo è diversa da
come lo comprendiamo nella nostra vita terrena. Quando mi pervade la supercoscienza divento consapevole che il tempo non esiste, perché tutto già esiste. Il prima, il dopo e il presente già esistono. Il tempo è la dimensione che noi umani non riusciamo a superare. Ma che colpa ne abbiamo? Nessuna. Perché molto semplicemente rientra tra le dimensioni che non possiamo comprendere.

Cercherò di spiegare con un altro esempio in che modo è possibile non comprendere una qualche dimensione. Un cilindro per esempio è fatto di 3 dimensioni. E un foglio di carta? O una foglia di vite? Di 2 dimensioni. Proviamo a chiedere al foglio o alla foglia di percepire le 3 dimensioni del cilindro. Non ci riuscirà. Nemmeno la foglia più intelligente e diligente potrà riuscirci. Ma che colpa ne ha? Le chiediamo di impegnarsi e facciamo scendere lentamente il cilindro attraverso di lei per farle sentire la terza dimensione il più vicino possibile, ma non ci riuscirà. Per lei il cilindro avrà comunque 2 dimensioni.

Nello stesso modo noi umani non riusciamo a comprendere il tempo nella sua dimensione eterna. Per cui esistono il passato, il presente e il futuro. Ma nella dimensione onnipresente il tempo non esiste perché tutto esiste.

Ogni esperienza è un dono immenso per me. Ogni esperienza mi dona consapevolezze e stati di coscienza diversi e mi fa sperimentare la beatitudine più bella che vi possiate immaginare. Oltre. Oltre l’immaginabile. Lo stato di beatitudine, dove le sofferenze che noi umani proviamo non sono previste. Le pene ed i tormenti che tutti conosciamo, e qui mi riferisco soprattutto a quelli emotivi, non esistono! Che meraviglia! Tra tutti i tormenti che ci fanno soffrire in questa vita terrena, tra le frustrazioni, inquietudini e afflizioni di ogni genere, mi sento sollevata soprattutto dalle emozioni in questo stato di supercoscienza. Non esistono in questo stato di esistenza le emozioni. La beatitudine pura.

La beatitudine, che piace, da morire, solo che ancora non è ora di morire. In uno di questi stati di sublime onnipresenza mi è arrivata una grande domanda: ritornare nella vita terrena o non ritornare? Restare in questa dimensione di beatitudine, di amore eterno, oppure tornare nella vita terrena che tutti ben conosciamo. Una calamita chiamata “il senso di dovere”, la responsabilità di avere ancora dei compiti da svolgere, mi fanno tornare. Una domanda grande come il mondo e la risposta chiara come il cielo.

I ritiri per me terminavano con una carica speciale. Di solito andavo a correre, ovunque, in attesa della ripartenza. Dovevo correre perché la mia energia mi teneva troppo sollevata dall’asfalto cittadino, dovevo correre per riportare l’energia al livello più terreno, per poter tornare nella società quotidiana. E considerando che la corsa era lo sport più detestato da me, questo mi sorprende. Di solito cadevo correndo, ero tra gli ultimi ad arrivare al traguardo. Ma, in queste situazioni, attraverso la corsa rientravo nel mondo che mi attendeva fuori.

Il grande dono dell’incontro con il grande Saggio Paramhansa Yogananda

Ho maturato negli ultimi anni una nuova consapevolezza, che da una parte stuzzica in me nuove domande, dall’altra invece mi fa essere consapevole, senza necessità di ulteriori risposte. Tutte le mie esperienze nelle dimensioni che trascendono la vita terrena le ho vissute senza averne avuto prima nessuna nozione. Non avevo letto libri sulle esperienze trascendentali, spiritualmente elevanti, che mi avessero potuto creare un’idea su cosa aspettarmi. Non ne avevo la minima idea.
Semplicemente le ho vissute, direttamente. Solo anni più tardi, soprattutto nei testi di Paramhansa Yogananda o testi che riportano i suoi pensieri, ho riconosciuto le mie esperienze.
Leggendo capivo ciò che il grande e Saggio Guru raccontava al lettore. “Ti capisco Maestro, comprendo le tue parole, i tuoi pensieri risuonano in me, la loro risonanza dentro di me mi
riempie di gioia”.

Ho conosciuto Paramhansa Yogananda entrando a far parte del mondo Ananda. Quando le mie figlie erano ancora piccole siamo stati coinvolti da un nostro amico a partecipare alla settimana che il centro Ananda Assisi organizza ogni estate per le famiglie. Io per motivi di lavoro purtroppo non ho potuto esserci con loro ma ci sono andata solo per una breve visita. Le bambine, accompagnate da mio marito, invece, hanno trascorso una settimana unica. Tramite attività e esperienze che in altri centri estivi non incontravano qui hanno fatto scoperte indimenticabili. Anni più tardi mia figlia maggiore mi ha detto di volerci tornare per un periodo più lungo durante le vacanze estive. E quando l’ho accompagnata ho conosciuto anche io questo mondo ed ho iniziato il mio percorso sugli insegnamenti del grande Maestro, sia con le pratiche di yoga che con la meditazione, fino a diventare un kriyaban.

La pratica da kriyaban

La pratica da kriyaban è intensa, e non puoi mai sapere quello che ti accade. Ti lasci trasportare con intensa azione e convinta devozione alle nuove esperienze. La pratica esige attenzione nella tecnica. La tecnica richiede la mente attiva ed il corpo rilassato. Io direi il corpo abbandonato.
Perché il termine rilassato è fin troppo comune per farci provare lo stato di vero rilassamento. Pertanto direi che il primo passo è di avere il corpo rilassato e il secondo il corpo abbandonato. Il nostro corpo, quindi, deve essere il nostro alleato. Occorre avere fiducia nel nostro corpo, bisogna cercare di mantenerlo in un ottimo stato.

Considerando che il nostro corpo non è il nostro se assoluto, in qualche modo ci viene affidato, possiamo osservarlo e considerarlo come un “qualcun altro”. Cresciamo e veniamo educati ad amare gli altri, mentre non sappiamo come amare noi stessi. A questo punto, consideriamo il nostro corpo con “un altro”, oppure “un’altra”, ed amiamolo, oppure amiamola! Se iniziamo a volergli bene e prendercene cura in quest’ottica potrebbe essere più facile per noi amarci, amare il nostro corpo e tenerlo “in forma” per le pratiche più elevate.

Gli angeli

Ero da sempre molto legata alla nonna materna e questo legame è rimasto particolare, per sempre.

Una notte d’estate nella casa in montagna, ricevo un dono per il quale non potrò mai ringraziare abbastanza. Nel bel mezzo del sonno, mi trovo accompagnata dalla mia carissima nonna tra gli angeli. Mi è venuta a prendere, come se mi prendesse per mano, come l’aveva fatto un migliaio di volte quando ero bambina.

E da adulta mi ritrovo accompagnata dalla carissima nonna nel mondo celeste. Voliamo insieme in uno stato di amore totale, talmente bello che si vorrebbe restare. Mi trovo tra gli angeli, a volare con loro, immersa in un’energia che ha una qualità diversa. L’energia di quella dimensione è intensa, ma allo stesso tempo sottile, morbida, leggera e avvolgente. Di una bellezza immensa e indescrivibile. Non esiste una parola giusta per farla comprendere bene. Infatti sono gli angeli che la vivono, non noi esseri umani. L’incantevole bellezza di una energia pura, leggera quanto intensa.

Mi ritrovo sveglia nel letto, mi godo i residui della straordinaria percezione, cerco di conservarli il più a lungo possibile e definisco l’esperienza come la notte di “accoppiamento degli angeli”. La mia mente l’ha così chiamata per la sua sorprendente e meravigliosa energia che in questo mondo ho trovato. E dopo un po’, mi ricordo che questa è la notte del primo anniversario del trapasso della mia carissima nonna. Che mi benedice con il regalo di una notte tra gli angeli. Grazie.

L’Himalaya

C’è un’altra montagna di nome Himalaya che ora mi attende. Ed io attendo, con profonda gratitudine, il giorno per poterla visitare, incontrare i posti frequentati dai grandi Maestri,
incontrare i Maestri.

Prajna

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