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Perché si dovrebbe comprendere la profondità dello yoga?

I nostri sensi hanno una capacità limitata di godere, ma la nostra mente ha un desiderio infinito di unione e presenza.

Uno dei principali scopi della pratica è passare da due a uno. Due implica un senso di separazione, separazione che è dolorosa, perciò l’amore cerca di diventare uno. Il sentiero dello yoga ci conduce verso l’interno, per sperimentare l’unione con il vero Sé.

Ci sono quattro modalità interiori di coscienza: Mente, Intelletto, Memoria, Ego.

Quando la mente non è centrata, c’è inquietudine. La nostra mente è sempre intenta a pensare, pianificare, preoccuparsi; questa attività ci impedisce di vedere oltre la mente, di vedere chi siamo veramente. Se ci sono delle increspature sulla superficie di un lago, non possiamo vedere la profondità. Allo stesso modo, se la mente non è riposata, non possiamo sperimentare l’armonia e l’unione dentro di noi.

Ecco perché tutte le scritture dello yoga enfatizzano la necessità di calmare la mente. “YogahChitta- Vritti- Nirodhah”. Lo yoga è la cessazione delle onde di pensiero, delle modulazioni (Vrittis) nella mente. Quando i pensieri si placano, allora c’è la comunione con la coscienza superiore.

Solo quando il vortice si placa si può misurare la profondità di un contenuto d’acqua. L’onda che si unisce alla sua profondità è lo yoga.

Il ricercatore (sadhaka) acquisisce profondità con la pratica consistente dello yoga.

Asana, pranayama e meditazione ci permettono di approfondire la nostra pratica personale (Abhyasa). Una pratica che consiste nell’andare verso l’interno.

Qualsiasi pratica è una pratica quando viene eseguita per un periodo di tempo senza interruzioni, con costanza e rispetto, onorandola ogni giorno. Solo allora diventa saldamente consolidata, come viene detto negli yoga sutra:

“Sa tu dheergha kaala nairantharya sathkaara sevita driddha bhoomihi
— Patanjali Yoga Sutra I,14

Così, affinando la nostra pratica, i pensieri diminuiscono, permettendoci di andare in profondità nella pratica. Quando riusciamo a vedere chiaramente attraverso i livelli dell’esistenza, raggiungiamo lo stato di yoga – l’unità con l’universo.

Cosi la dedizione e la perseveranza della pratica è ciò che ci aiuta a realizzare questo stato di centratura e trasformazione.

Ogni volta che si sale sul tappetino si fa appello al proprio benessere fisico, mentale ed emotivo. Più tempo e impegno si dedicano alla pratica, più si inizia a vedere che si traduce anche fuori dal tappetino.

“Il successo non viene da ciò che si fa occasionalmente, ma da ciò che si fa con costanza”.
— Marie Forleo

La costanza è la chiave per progredire nella pratica, sia che si tratti di una maggiore forza e flessibilità, di una migliore mobilità, di una migliore postura, di una riduzione dello stress, di un corpo senza dolori o di una mente più calma.

Se la chiave è la costanza, la formazione di questa sana abitudine avverrà grazie alla ripetizione. Si dice che occorrano circa 21 giorni per stabilire un circolo virtuoso, una abitudine; che questo periodo di tempo possa essere verificato o meno, la ricerca suggerisce che le sinapsi o le connessioni tra i neuroni nel cervello si formano attraverso la ripetizione di un’azione. La formazione di una forte sinapsi fa la differenza tra un’azione che deve essere premeditata o semplicemente abitudinaria. Ad esempio, non è necessario ricordarsi coscientemente di lavarsi i denti: è un’abitudine appresa da tempo e relativamente automatica. È il motivo per cui ripetiamo le cose quando impariamo qualcosa di nuovo: l’atto della ripetizione lo impegna nella memoria e diventa abituale. La pratica dello yoga non è diversa.

Più si è costanti nella pratica, più è probabile che si srotoli il tappetino senza troppe resistenze mentali. Inoltre, grazie alla memoria muscolare, alla costruzione della forza e della resistenza e all’affinamento della tecnica, avrete l’opportunità di progredire nella vostra pratica nel tempo. Ecco perché una challenge di yoga (21 giorni di pratica costante) è un modo efficace per stabilire una pratica regolare. Quando si abitua il corpo a una pratica quotidiana, questa diventa un’abitudine acquisita, al punto che vi mancherà quando non lo farete.

Quindi, come si fa a creare una pratica costante? Ecco alcuni consigli:

  • Create un rituale, orario, luogo e perchè no una playlist
  • Abbracciate il viaggio: se vi piace quello che fate e non siete ossessionati dal risultato finale, è più probabile che vogliate salire sul vostro tappetino ogni settimana. Inoltre, è meno probabile che la frustrazione e l’ego facciano la loro parte.
  • Trovate la gioia: create una pratica che non vedete l’ora di fare. Trovate la VOSTRA pratica, o il vostro yoga: il momento giusto, lo stile, l’insegnante, l’atmosfera. Fate in modo che la vostra pratica funzioni per voi, non il contrario. Ancora una volta, più risuona con voi, più è probabile che la facciate diventare una priorità. Il che ci porta al prossimo punto…
  • Alternate pratiche definite come il saluto al sole a pratiche dove la creatività lascia spazio all’intelligenza del corpo e dello spirito
  • Fuori e dentro il mat richiamate spesso lo stato di centratura mentale e fisica, ponendo le mandi sul tan tien – tre dita sotto l’ombelico e tre dita in profondità – per vivere nel momento presente e contenere le fluttuazioni della mente
  • Durante la pratica coltivate propriocezione e enterocezione per sviluppare l’ascolto di Se e il non giudizio

Francesca Cassia,
Odaka Yoga

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