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Si parte!
Un nuovo viaggio è alle porte e il respiro si fa più leggero, la testa si svuota e il cuore si riempie di curiosità ed energia.
I giorni prima di questo momento sembrano densi e pesanti e la voglia di lasciarli a casa è forte, ma so che ci vorrà un po’ di tempo, qualche giorno ancora e si dissolveranno lasciando spazio libero a nuove esperienze.
Ad ogni partenza la stessa sensazione: quella di aver posticipato troppo, di non voler essere stato dov’ero a fare ciò che stavo facendo così a lungo.

Viaggiare per me è l’espressione di un bisogno naturale, un riappropriarsi della mia natura di essere umano e che riaccende ogni volta una scintilla di vita.
Prima di vivere in città, vivevamo in tribù e villaggi a contatto con la natura e quando mi trovo con il bagaglio in spalle sembra risvegliarsi in me questa memoria.
E’ palese che nasciamo con un innato senso dell’esplorazione, lo possiamo osservare nei bambini: guidati dalla curiosità si muovono verso nuove esperienze, incontri e avventure e attraverso le varie tappe del viaggio della vita.
Questo processo naturale è il sistema con il quale impariamo, maturiamo ed evolviamo in consapevolezza e ci rende vivi e attivi.

E oggi mi ritrovo qui, a fissare lo zaino e a chiedermi se ho preso tutto per la centesima volta pur sapendo che, anche questa volta, ho portato via troppe cose e che, come al solito, non le userò.
Non ha più importanza ormai se mi accorgerò ad un tratto di aver bisogno di qualcosa, l’ansia non ha più la forza per mostrarsi perchè l’esperienza mi ha insegnato che mi basta ricordare che in tasca avanzo sempre qualche briciola di Dharma, qualche insegnamento spirituale ricevuto che mi rasserenerà durante i momenti difficili lontano da casa.
Lo yoga per me è questo, sapere che ovunque andrò e qualunque esperienza mi troverò ad affrontare, quella è lì per me ed è un’occasione per vedere ciò che si esprime dal profondo. Le emozioni vengono a galla raggiungendo la superficie fino a far vibrar la pelle, emergono per essere viste e comprese e per questo ogni esperienza è sacra se siamo in grado di osservarla dalla giusta prospettiva.

La meta di questo nuovo viaggio è la Corea del Sud, un paese che ho già visitato una volta e che mi ha affascinato per la sua storia e spiritualità.
Mentre la prima volta sono stato sull’isola vulcanica di Jeju tra spiagge nere e templi buddisti scavati nella roccia, questa volta mi tufferò tra i grattacieli di Seoul.
La Corea è una terra permeata dalla tradizione Taoista e Zen dove si respira un’aria tra sacro e profano, culto antico e modernità tecnologica ma si percepisce una storia di onore e rispetto che pervade le relazioni.
Ciò che mi affascina è anche la cultura culinaria. Il cibo tradizionale è, come è in quasi tutti i paesi asiatici, a base di riso e verdure ma mantiene una conoscenza antica di erbe, spezie, radici e cortecce locali che vengono ancora usate per cucinare come medicina per una vita sana e longeva.
Tipica in Corea è anche la fermentazione di germogli, fagioli di soya, rape, aglio e tanto altro e il piatto tipico che non può mancare nelle case è il Kimchi, cavolo fermentato che ogni coreano venera come noi italiani veneriamo la pizza.

Dall’ultimo viaggio porto con me bei ricordi che attivano una voglia ancora più grande di arrivare in fretta.
Sono felice di ritrovare conoscenti e persone dal cuore semplice. In Corea ho riassaporato una sensazione di amicizia semplice ed onesta che ricordo aver provato solo da bambino, quella di vedersi e riconoscersi nell’altro, come quello strano senso di deja-vu che, nel tempo di un rapido sguardo, riunisce come vecchi amici.
Mi è difficile provare questa sensazione di unione nella mia città. Mi fa pensare che ciò che manca per stare bene sia il tempo di rallentare e stare insieme veramente, senza fretta o nulla da raggiungere.
Noto che le persone sono sempre più schive, impazienti, ansiose e arrabbiate e quella naturale propensione umana alla socialità viene considerata meno importante del lavoro, una perdita di tempo che non porta profitto o viene vista perfino definita debolezza!

Esco, zaino in spalla e Jessica, la mia compagna al fianco, mano nella mano, pronti a condividere anche questo passo di vita insieme.
La strada verso la stazione sembra una via a senso unico che ci porta verso la libertà. Camminiamo con lo sguardo all’orizzonte, mentre a destra e sinistra scorgiamo sguardi bassi e spenti di persone che camminano in senso contrario.
Pensieri affollano la mente e mi chiedo come siamo riusciti, come umanità, a creare una realtà così triste e faticosa e del perché la vita mi appaia fatta di sofferenza più che di pace ed armonia.
Sembra che attorno a me tutti si siano rassegnati a vivere così, come gli è stato insegnato, a percorrere quella strada che li porta alla ripetizione e alla routine senza più stimoli vitali se non l’idea di una bottiglia di vino al ristorante nel fine settimana.
Guardo attorno a me e mi chiedo se questo è “vivere”.

Ed ecco che la mano scivola nella tasca e qui trovo qualcosa, oltre alle chiavi della macchina c’è una sensazione di tranquillità. Un brivido che salendo lungo la colonna vertebrale raggiunge il cuore e si espande fino ai peli delle braccia, il cielo riprende il suo colore azzurro e mi accorgo che oggi c’è il sole.
E’ una splendida giornata per partire, la meta la conosco e la mia compagna è con me. Ci aspetta un decaffeinato al bar della stazione e l’incertezza del viaggio, tra possibili ritardi e stanchezza ma di fondo sento energia di rinnovamento e voglia di mettersi alla prova.
E mi ricordo che l’avventura è già cominciata, o meglio, non è mai finita. Sorseggiando il caffè, mi ricordo che la via è ancora lunga e che le emozioni continuano ad alternarsi quando la mia attenzione si sposta a cose per me spiacevoli o difficili e ci vorranno ancora tante tappe per conoscermi veramente.

Questo è il viaggio che preferisco, questo è ciò che mi piace osservare al di là dei palazzi, i ristoranti e le avventure che mi aspettano tra i vicoli di Seul.
Il viaggio dello yoga è sempre con me perché è dentro di me. E’ me, è la vita che scorre. Lo yoga è l’esperienza che stiamo facendo, è la natura delle cose, un verità che in fondo già conosciamo e che spesso non vogliamo ammettere nemmeno a noi stessi. Lo yoga è il viaggio spirituale, è il corpo e la mente, è quell’istante in cui ti senti a terra e senza futuro e l’istante successivo in cui ti senti invincibile.
Non so bene dove mi stia portando la vita o che senso abbia di per sé, ma mi lascio fluire con fiducia sapendo che alla fine tutto è un gioco che questo istante non tornerà più e che prima o poi tutto finirà.

Oggi so che quando dimentichiamo di essere viaggiatori dell’anima e ci affidiamo solo alla materialità ci disconnettiamo dalla parte più autentica di noi e ci sentiamo soli, abbandonati a noi stessi e impotenti verso la vita.
Il futuro non è ancora scritto e sento che siamo vicini ad un nuovo capitolo della storia che ci vedrà riuniti nel cuore come un’unica tribù… la natura ci chiama e ci indica la strada per tornare a casa.
Non smettere mai di viaggiare, la meta è sempre più vicina!

Francesco Zinnamosca

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