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Oms, lo stress da lavoro è una sindrome. In un contesto del genere diventa fondamentale la disciplina dello yoga

Di Ardas Sadhana Singh (Marco Staffiero)

Una certa quantità d’ansia è fisiologica e serve a motivare le persone a darsi da fare e ideare progetti per il proprio futuro. Se è troppa, però, genera un eccessivo e inspiegato timore con conseguenti stati d’inquietudine e preoccupazione senza alcun valido motivo, oltre a interferire con la normale attività quotidiana – talvolta bloccandola del tutto. Quando l’ansia diventa cronica intacca l’intero sistema corporeo e tutte le funzioni vitali, dando origine ad altre malattie come ipertensione, allergie e asma, per citare le più comuni.

Nel contesto attuale lo stress da lavoro o da disoccupazione, per l’Organizzazione Mondiale della Sanità è ufficialmente una sindrome. Inizialmente l’agenzia speciale dell’ONU per la salute aveva lasciato intendere che si trattasse invece di una malattia dopo averlo inserito erroneamente per la prima vota nell’elenco delle malattie. Poi ha aggiustato il tiro e ha specificato che il burnout resta un fenomeno occupazionale (stress da lavoro) per il quale si può cercare una cura ma non è una condizione medica. Oms ha anche fornito direttive ai medici per diagnosticare tale condizione. Si può essere affetti da burnout (letteralmente ‘esaurimento’, ‘crollo’) di fronte a sintomi come mancanza di energia o spossamento, aumento dell’isolamento dal lavoro o sensazioni di negatività e cinicismo legati al lavoro, diminuzione dell’efficacia professionale. L’Oms ha anche specificato che prima di diagnosticare qualcuno di burnout occorre anche escludere altri disturbi che presentano sintomi simili come il disturbo dell’adattamento, l’ansia o la depressione. Inoltre il burnout è una condizione che si riferisce solo ad un contesto lavorativo e non può essere estesa anche ad altre area della vita.

Il primo ad occuparsi di burnout è stato lo psicologo Herbert Freudenberger con un articolo scientifico pubblicato nel 1974, tuttavia parlava di una sindrome che si riferiva principalmente a professioni cosiddette di aiuto come quelle di infermieri e dottori ed estesa poi più in generale a persone chi si occupano di assistenza o che entrano continuamente in contatto con altre che vivono stati di disagio o sofferenza. Secondo un recente studio, dell’Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico (Eurodap) in un sondaggio on line, al quale hanno risposto oltre 700 soggetti tra i 19 e i 60 anni, parla da solo: il 79% di coloro che hanno risposto al sondaggio ha avuto, durante l’ultimo mese, manifestazioni fisiche frequenti e intense di ansia; il 73% si percepisce come una persona molto apprensiva, che si preoccupa facilmente di piccole cose/situazioni; il 68% dichiara di avere non poco disagio a stare lontano da casa o da luoghi familiari, mentre il 91% trova molto spesso difficoltà nel rilassarsi.

In un contesto del genere diventa fondamentale la millenaria disciplina dello yoga internazionalmente riconosciuta per i suoi benefici. Conosciuto in occidente soprattutto per i suoi benefici corporei, lo Yoga risana l’uomo invece da ogni punto di vista.

Una serie di studi presentati qualche anno fa al convegno dell’American Psychological Association sembra ribadirlo: lo yoga aiuterebbe ad alleviare i sintomi depressivi, e potrebbe considerarsi come una terapia complementare, da affiancare a quelle tradizionali. Lindsey Hopkins del San Francisco Veterans Affairs Medical Center ha analizzato gli effetti dello hatha yoga su 23 veterani – considerata una popolazione a rischio per disturbi dell’umore – chiamati a praticare due volte a settimana per circa due mesi. Alla fine del programma, i sintomi depressivi sembravano ridursi tra coloro con i più elevati segni di depressione all’inizio dello studio, in maniera dose-dipendente: più aumentava la frequenza, più diminuivano i sintomi. Risultati analoghi sono stati ottenuti anche su un campione di 52 donne di età compresa tra i 25 e i 45 anni con stress riferito e disordini alimentari, metà delle quali assegnate a un programma di Bikram yoga, una versione di Hatha yoga. Anche in questo caso, dopo otto settimane, chi aveva partecipato a sessioni di yoga mostrava meno sintomi di depressione rispetto al gruppo controllo, raccontano i dati presentati da Sarah Shallit della Alliant University in San Francisco. E lo stesso hanno osservato Maren Nyer e Maya Nauphal del Massachusetts General Hospital su un gruppo di 29 adulti. Nina Vollbehr del Center for Integrative Psychiatry nei Paesi Bassi ha invece presentato i dati relativi a persone con depressione invitate a fare yoga, in due diverse condizioni. In un caso l’analisi riguardava un campione di 12 persone, malate da 11 anni, che hanno fatto yoga per nove settimane.

Andando a misurare i livelli di depressione, stress, ansia alla fine del periodo di studio e quattro mesi dopo, e confrontandoli con i dati acquisiti prima di provare con lo yoga, i ricercatori hanno osservato come questi diminuivano durante le lezioni, con miglioramenti che duravano fino a mesi dal trattamento. A distanza di quattro mesi risultavamo migliorati anche gli aspetti relativi alla ruminazione mentale e alle preoccupazioni. Vollbehr e colleghi hanno misurato poi quando yoga o tecniche di rilassamento eseguite a casa, dopo sessione dimostrativa, potessero aiutare a gestire i sintomi della depressione di 74 ragazzi con sintomi lievi. Sul medio corso, due mesi dopo e dopo una sola settimana di trattamento, chi aveva praticato yoga mostrava meno ansia, stress e sintomi depressivi. Qualsiasi sia il motivo, che può avvicinarci, fin dalle prime lezioni i benefici sono tangibili: il segreto sta nel non fermarsi ai primi risultati ma andare a fondo nell’apprendere le tecniche di rilassamento. Infatti, è proprio la costanza ad agevolare il contatto con se stessi e a far sviluppare la consapevolezza necessaria a identificare i conflitti che disturbano l’equilibrio o gli schemi mentali nocivi.  I risultati che si ottengono con la pratica dello yoga sono sorprendenti perché non solo s’impara a gestire stress, ansia e attacchi di panico, ma si ristabiliscono meccanismi psicologici e fisiologici che erano stati compromessi.

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